𝗟’𝗔𝗡𝗧𝗜𝗙𝗔𝗦𝗖𝗜𝗦𝗠𝗢 𝗖𝗛𝗘 𝗥𝗔𝗙𝗙𝗢𝗥𝗭𝗔 𝗩𝗔𝗡𝗡𝗔𝗖𝗖𝗜

di Franco Marino

Premetto subito che Roberto Vannacci non è esattamente il mio tipo di personaggio. Anzi, trovo che sia l’incarnazione perfetta di quel fenomeno tutto italiano del generale in pensione che si improvvisa intellettuale pubblico, dispensando verità rivelate su qualsiasi argomento con la sicumera di chi è abituato a dare ordini senza replica. Il suo modo di porsi, quella spocchia da primo della classe che sa tutto lui, quella tendenza a trasformare ogni questione complessa in uno stomacante scontro da bar dello sport. Il problema è che, al di là del personaggio Vannacci che francamente lascia il tempo che trova, quando si vuol contestare ciò che scrive, bisogna farlo con esattezza, senza lasciarsi andare alle litanie antifasciste che non servono assolutamente a nulla. Ma veniamo al punto: Vannacci ha ragione o torto?

Il punto non è se questi fatti ci piacciano o meno, ma se corrispondano alla realtà di quello che accadde.

Quando Vannacci dice che Mussolini fu eletto deputato nel 1921, che la Marcia su Roma non fu propriamente un colpo di stato militare, che il governo ottenne la fiducia parlamentare e che le leggi razziali furono approvate dal Parlamento e promulgate dal Re, sta semplicemente elencando fatti storici documentati.

In merito al fatto che il fascismo – e ancor più il nazismo – salì al potere in maniera totalmente democratica, Vannacci ha detto semplicemente la verità. E vi salì per effetto della legge Acerbo che non faceva altro che proporre un premio di maggioranza alle liste che arrivavano prime, sulla base di un principio che oggi viene considerato – a torto, secondo me – sacrosanto, ossia che se un partito ha la maggioranza, deve avere una sorta di bonus aggiuntivo per poter governare.

Il motivo per cui i premi di maggioranza sono una follia risiede nel fatto che un governo non deve avere soltanto una maggioranza parlamentare ma anche un’effettiva rappresentanza popolare. In sintesi, se io ottengo una maggioranza relativa del 25% e per effetto di questa io ottengo i due terzi del Parlamento, mi sembra ovvio che questa rappresentatività se ne vada a farsi benedire. Il punto è che la legge Acerbo fu approvata da un Parlamento in cui il fascismo non era certo il partito di maggioranza.

In Germania, il nazismo salì al potere senza trucchetti elettorali di alcun tipo. E vi salì nonostante una costituzione che era, in tutto e per tutto, uguale all’attuale Costituzione italiana – con l’unica differenza che il presidente della Repubblica tedesca era eletto dal popolo – il che dovrebbe spiegare molto a coloro che credono che una carta costituzionale protegga da svolte eversive.

L’altra grande questione è relativa alle leggi razziali del 1938, che per quanto disgustose e vergognose possano essere state (e lo sono state eccome), non rappresentarono un’invenzione originale del fascismo italiano, ma semplicemente l’allineamento dell’Italia a pratiche legislative che erano già ampiamente diffuse in tutta Europa. E non stiamo parlando solo di discriminazioni contro gli ebrei, che pure rappresentarono la parte più drammatica e tragica di quelle legislazioni, ma di un intero sistema di classificazione razziale che coinvolgeva molteplici categorie di persone.

La Francia aveva introdotto il numerus clausus per gli studenti ebrei nelle università già nel 1935, ma aveva anche leggi discriminatorie contro i rom e i sinti che risalivano alla fine dell’Ottocento. L’Ungheria aveva varato le sue prime leggi antisemite nel 1920, diciotto anni prima di noi, accompagnate da normative che discriminavano anche le popolazioni slave e rom. La Polonia aveva istituito i “giorni senza ebrei” nelle università già negli anni Trenta, ma contemporaneamente applicava politiche discriminatorie sistematiche contro ucraini, bielorussi e lituani nei territori orientali. Gli Stati Uniti, patria della democrazia, non avevano solo le leggi razziali negli stati del Sud contro gli afroamericani, ma un intero sistema di quote razziali che limitava l’immigrazione di italiani, polacchi, ungheresi e di chiunque non fosse considerato appartenente alla “razza nordica”. Persino paesi come la Svezia e la Danimarca avevano programmi di sterilizzazione forzata per “migliorare la razza” che colpivano disabili, rom e popolazioni indigene sami.

I fatti sono questi e chi li nega non fa altro che delegittimare la causa antifascista. Questo non significa affatto giustificare o minimizzare l’orrore di quelle leggi, che rappresentarono senza dubbio la pagina più buia del ventennio fascista. Significa però riconoscere che il razzismo legislativo era una piaga europea e mondiale, non un’esclusiva italiana, e che colpiva molte più categorie di persone di quelle di cui solitamente si parla.

E qui casca l’asino delle opposizioni politiche che si stracciano le vesti per l’antifascismo: non riescono ad accettare che mettere il bavaglio alla storia, impedire ogni discussione seria sui fatti, trasformare ogni tentativo di analisi storica in un processo alle intenzioni, non fa altro che spalancare le porte proprio a quelle derive neofasciste che dicono di voler combattere. Ma evidentemente oggi questo approccio è diventato tabù, perché disturba la narrazione ufficiale secondo cui tutto il male del mondo nacque a Roma il 28 ottobre 1922.

Il paradosso è che questa ostinata volontà di monopolizzare l’antifascismo, di trasformarlo in una proprietà privata della sinistra italiana, finisce per essere controproducente proprio rispetto all’obiettivo dichiarato. Quando si impedisce ogni discussione seria sulla storia, quando si trasforma ogni tentativo di analisi in un’eresia da scomunicare, si finisce per alimentare quella curiosità morbosa verso il “proibito” che è il vero carburante delle nostre neodestre. È lo stesso meccanismo che funziona con i libri messi all’indice: più li vieti, più la gente li vuole leggere.

E così, mentre le opposizioni si lanciano in filippiche contro Vannacci accusandolo di voler riscrivere la storia, finiscono per fare esattamente quello che lui vuole: trasformarlo nel paladino della “verità censurata”, nell’uomo coraggioso che osa dire quello che gli altri non vogliono sentire. Il risultato è che un personaggio che dovrebbe rimanere ai margini del dibattito pubblico si ritrova al centro dell’attenzione mediatica, forte del sostegno di tutti quelli che sono stufi dell’ipocrisia politically correct.

La realtà è che il fascismo storico, quello vero, non ha bisogno di essere difeso dalle ricostruzioni di Vannacci. Si condanna da solo per quello che ha fatto: è inutile attribuire a Mussolini la paternità dell’omicidio Matteotti quando lo stesso figlio di quel deputato socialista si è sbracciato per decenni dicendo che i veri mandanti furono i Savoia e che Mussolini non c’entrava nulla, ed è inutile anche attribuire l’esclusiva delle leggi razziali al fascismo, quando ci sono migliaia di ragioni per essere antifascisti. Prima tra tutte che i nazionalsocialismi furono apertamente finanziati e appoggiati dalle potenze atlantiche in chiave antisovietica, ossia da quelle élite finanziarie oggi sotto attacco da parte della controinformazioni, per poi arrivare alla conclusione che, per colpa della guerra sciaguratamente perduta, ci siamo fatti riempire di basi NATO, finendo sotto lo scarpone degli americani – circostanza per la quale stiamo pagando, oggi, un salatissimo conto – e realizzando non la liberazione che festeggiamo ipocritamente da ottant’anni, bensì un semplice passaggio di proprietà.

Di motivi per essere contrari al fascismo ce ne sono migliaia ma devono basarsi sui fatti, non sulle liturgie ideologiche. E i fatti, quando li si conosce davvero, sono molto più efficaci di qualsiasi slogan per spiegare perché quel regime fu una sciagura per l’Italia.

𝗟'𝗔𝗡𝗧𝗜𝗙𝗔𝗦𝗖𝗜𝗦𝗠𝗢 𝗖𝗛𝗘 𝗥𝗔𝗙𝗙𝗢𝗥𝗭𝗔 𝗩𝗔𝗡𝗡𝗔𝗖𝗖𝗜
𝗟’𝗔𝗡𝗧𝗜𝗙𝗔𝗦𝗖𝗜𝗦𝗠𝗢 𝗖𝗛𝗘 𝗥𝗔𝗙𝗙𝗢𝗥𝗭𝗔 𝗩𝗔𝗡𝗡𝗔𝗖𝗖𝗜

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

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