di Daniele Perra
Non vi è nessun reale collegamento tra Mazzini ed il “pensiero” (se così si può definire – e so che mi prenderò insulti) di Charlie Kirk, per il semplice fatto che i riferimenti ideologici di Kirk hanno sempre disprezzato il primo.
Riporto a questo proposito parte di un mio articolo pubblicato su “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”, dal titolo “Grandi risvegli e figli della luce”.
“A cavallo tra XVIII e XX secolo si possono contare almeno tre o quattro (a seconda delle interpretazioni) differenti Great Awakenig (sarebbero addirittura cinque con l’attuale). Tutti, per quanto ispirati da pratiche religiose nate in Europa, hanno avuto origine negli Stati Uniti. E tutti hanno avuto riflessi sia nell’ambito religioso che in quello politico […] Ritornando ai diversi grandi risvegli, è utile riportare che le radici di questo fenomeno possono essere facilmente individuate nel pietismo: corrente protestante sviluppatasi in Europa centrale nei secoli XVII e XVIII come reazione al classico dogmatismo luterano. Questo contrapponeva al razionalismo della teologia luterana la valorizzazione della devozione interiore attraverso la quale gli adepti si sollevavano al grado di risvegliati o rigenerati. Sulla base di quest’idea di risveglio o rinascita in Cristo si sono sviluppati i Great Awakening nordamericani a partire dal XVIII secolo. Il primo si riconduce al metodismo, che offrì nuova sostanza e forza all’azione dei predicatori evangelici, in genere di matrice calvinista e contraddistinti da forte rigore morale. Negli Stati Uniti si segnala l’azione del predicatore scozzese Thomas Chalmers (1780-1847) […] oppure abbiamo l’opera di predicazione carismatica dei pastori George Whitefield (1714-1770) e Jonathan Edwards (1703-1758) […] La predicazione di quest’ultimo fu accompagnata da un’ondata di fanatismo millenarista che dilagò dal Connecticut al New England. La sua predicazione, richiamando alla ‘Nuova Israele’ americana e al patto stipulato con Jahvè, suscitò folle estatiche che ascoltavano i sermoni di pastori itineranti […] Seguì il Second Great Awakening (1800-1858), particolarmente forte nel nord-est e nel Midwest, che coinvolse i ceti medio-bassi ed ebbe come centro della predicazione revivalista il cosiddetto Burned over district nella parte occidentale di New York, così chiamato per il tema costante delle prediche: la dannazione eterna nel fuoco dell’inferno. Al Third Great Awakening (1859-1900) viene generalmente associato l’impulso all’azione missionaria e la nascita dei Testimoni di Geova. Mentre con il Fourth Great Awakening (iniziato a cavallo degli anni ’60 del secolo scorso) si entra in una dimensione più propriamente politica e geopolitica. Esso si contraddistingue per il successo di alcune sigle più conservatrici all’interno del panorama religioso nordamericano che si impegnarono, ad esempio, in battaglie etiche, dettate da una lettura letteralista del testo biblico, contro l’evoluzionismo ed in favore del creazionismo.
Qui si rende necessario aprire una prima breve parentesi visto che tanto l’evoluzionismo, quanto il creazionismo, hanno entrambe origine moderna. Entrambe afferma il già citato Lord Northbourne cercano di spiegare ogni cosa in termini di immediato e tangibile vantaggio e svantaggio. Dunque, entrambe, pur ponendosi in antitesi l’una con l’altra (visto che il creazionismo parte da un presupposto religioso), sono governante da una tendenza intrinsecamente materialista.
Al Fourth Great Awakening è legata la figura del noto pastore evangelico Bill Graham (1918-2018). Questo, di fama internazionale, ha esercitato la sua influenza su molti inquilini della Casa Bianca, e più in generale sui vertici politici USA, per tutta la metà del XX secolo e l’inizio del XXI, da Eisenhower a Jimmy Carter e Bill Clinton fino al vice presidente di Donald J. Trump Mike Pence.
Con quello che potremmo definire come il Fifth Great Awakening (la cui data di inizio potrebbe coincidere con l’elezione di Donald J. Trump nel 2016) la dimensione geopolitica assume un valore ancora maggiore. Tuttavia, il tradizionale destino manifesto (la missione degli Stati Uniti volta alla costruzione di un ordine mondiale a propria immagine e somiglianza) viene mascherato da una lotta ideologico-escatologica tra bene (l’umanità in generale) e male (le élite liberali transnazionali che vengono presentate come alleate della minaccia numero uno all’egemonia globale USA, la Cina).
Questa nuova teologia politico-apocalittica è stata capace di superare lo stesso trumpismo (la sconfitta elettorale dell’uomo che Dio ha inviato per liberare il mondo dal male secondo gli adepeti di QAnon) ed i confini del centro imperiale per diffondersi nella periferia europea (anche grazie a zelanti agitatori politici, tra cui il pensatore russo Alexandr Dugin, autore di un manifesto del Grande Risveglio contro il Grande Ripristino in cui vengono tessute le lodi del trumpismo e dell’America come luogo del crepuscolo del liberalismo).”
In realtà, più che crepuscolo del liberalismo, si potrebbe parlare di un rinnovato liberalpopulismo sulla scia di Andrew Jackson, almeno a parole.
Prosegue l’articolo su “Eurasia”: “Ora, la suddetta teologia politico-apocalittica, profondamente ispirata dai temi classici dell’evangelismo e del sionismo cristiano, ha un suo riferimento teorico in un altrettanto breve opuscolo del 1944 scritto dal teologo riformato Reinhold Niebuhr dal titolo The children of the light and the children of darkness. L’opera merita l’apertura di una nuova parentesi visto che in essa si esprime l’idea di un vero e proprio scontro esistenziale tra gli Stati Uniti e l’Europa. L’idea, ad onor del vero, non sarebbe neanche particolarmente originale. Già per tutto il corso del XIX secolo negli Stati Uniti vennero propugnate tesi dal sentore cospirazionista secondo le quali gli Imperi europei, in combutta con il Papa ed i gesuiti, stessero cercando di distruggere il governo democratico di Washington.
Di fatto, la civiltà democratica moderna è al centro dell’opuscolo di Niebuhr. Essa, con il credo liberale è espressione dei figli della luce il cui unico peccato è quello di un ingenuo approccio sentimentale alle relazioni internazionali. Va da sé che Niebuhr (anche a ragione, sebbene per motivi differenti da quelli reali) non riconosce nella Grecia antica l’origine della democrazia moderna. Questo, al contrario, è un fenomeno intrinsecamente collegato allo sviluppo della società borghese. Alla civiltà democratica si oppone quella proposta dai figli delle tenebre votati al cinismo morale (caratteristica che, secondo Niebuhr, accomuna tanto Mussolini, collegato da una linea diretta con Mazzini, quanto Hitler) il cui antidemocratismo sarebbe influenzato sul piano politico da Hobbes e su quello religioso da Lutero. Essi, malvagi ma assai intelligenti, non conoscono altra legge o diritto oltre la mera forza. Il nemico dei figli della luce, dunque, non può che essere la furia demonica del nazismo e del fascismo che pongono gli strumenti della tecnica moderna al servizio di un’ideologia anti-moderna che antepone la comunità all’individuo.
Ora, le affermazioni di Niebuhr possono essere facilmente confutate su più livelli. Il teologo riformato, in primo luogo, sembra essere uno scarso conoscitore di Hobbes la cui unica colpa, al massimo, sarebbe quella di non mascherare mai il potere, il suo peso e la sua posizione centrale in ogni comportamento umano, e mai di esaltarlo. In secondo luogo, sembra ignorare i molteplici crimini del colonialismo liberale e lo stesso fatto che la cosiddetta Dottrina Monroe, lungi dall’essere il prodotto di una geopolitica isolazionista, fosse semplicemente la prima espressione dell’imperialismo nordamericano.”
Inoltre – aggiungo oggi – sarebbe opportuno ricordare che gli Stati Uniti hanno assai poco di democratico e tanto della dittatura oligarchica mascherata. Dopo tutto, il sogno dei padri fondatori era quello di instaurare una repubblica aristocratica.
Detto ciò, trovo invece assai interessante il fatto che si sta iniziando a spingere per una “kirkificazione” della destra europea. Un processo utile a garantire una base di massa al disegno egemonico statunitense sul continente. Interessante in questo senso anche lo sdoganamento da destra della critica ad Israele. E penso a personaggi come Nick Fuentes e Tucker Carlson. Il primo, ad esempio, sostiene che gli USA dovrebbero curarsi meno dello “Stato ebraico” e dedicarsi attivamente a Messico, Cuba e Venezuela.
In ogni caso, dunque, non si rinuncia affatto ad una visione imperialistica (e neanche alle garanzie per Israele), semplicemente si cerca di dare nuove priorità alle strategie di potere statunitensi.
Siamo ancora ad una fase prematura/iniziale di tale processo. Tuttavia, sarà altresì interessante vedere come gli influencer della destra europea dovranno (per l’ennesima volta) ricalibrare le loro argomentazioni dietro dettato d’oltreoceano.

