LA SPADA NELLA ROCCIA DI SAN GALGANO

a cura di Tania Perfetti

Sulle colline che circondano Chiusdino, nel cuore della Toscana medievale, sorge la Rotonda di Montesiepi, un edificio essenziale e solenne nella sua geometria perfetta. Al centro della cappella, sotto una teca trasparente, si conserva una spada infissa nella roccia: la lama, corrosa dal tempo, si innalza dal masso come un segno di pietra e metallo che attraversa i secoli. È la spada di San Galgano Guidotti, uno dei simboli religiosi più enigmatici e potenti del Medioevo europeo.

La vita di Galgano ci è nota attraverso la Vita sancti Galgani, redatta pochi anni dopo la sua morte (1181) da un autore anonimo, forse un monaco cistercense. Il testo racconta la metamorfosi di un giovane cavaliere superbo e violento in un eremita penitente. Nato in una famiglia nobile di Chiusdino, Galgano trascorse la giovinezza tra tornei, ambizioni e guerre, finché una visione divina lo spinse a rinunciare alle armi. L’arcangelo Michele, apparendogli, lo invitò a piantare la spada nella terra, trasformandola in una croce. Giunto sul colle di Montesiepi, Galgano obbedì: conficcò la lama in un masso e vi costruì attorno la sua cella eremitica.

Quel gesto, in apparenza semplice, racchiudeva un’intera teologia della rinuncia. La spada, strumento di violenza, veniva trasfigurata in simbolo di pace e di redenzione. Non era un atto di debolezza, ma la più alta espressione di forza spirituale: l’abbandono del potere terreno per accogliere una più profonda investitura divina.

L’oggetto conservato a Montesiepi non è una reliquia posticcia né una creazione leggendaria. Le indagini metallografiche condotte nel 2001 dal CNR e dall’Università di Pavia hanno dimostrato che la lama è effettivamente di produzione tardo-medievale, databile al XII secolo, e che è infissa in un unico blocco di pietra locale, privo di segni di manomissione. Anche i frammenti metallici ritrovati nei pressi della teca, probabilmente staccati da pellegrini o curiosi nel corso dei secoli, risultano compatibili con la lega originaria. La spada, dunque, è autentica nel tempo e nel gesto.

Pochi anni dopo la morte del santo, la fama di Galgano si diffuse rapidamente. Nel 1185 papa Lucio III ne riconobbe la santità e sul luogo del suo eremitaggio sorse la Rotonda di Montesiepi, seguita, più in basso nella valle, dalla grande abbazia cistercense costruita tra il XIII e il XIV secolo. Le rovine dell’abbazia, maestose e prive di tetto, ancora oggi aperte al cielo, custodiscono l’aura di quella conversione cavalleresca che ne ispirò la fondazione.

La forza del mito di Galgano non risiede solo nella sua verità storica, ma soprattutto nella potenza simbolica del gesto. La spada infissa nella pietra segna il confine tra due mondi: la materia e lo spirito, la violenza e la redenzione, la guerra e la pace. È un simbolo che oltrepassa i confini geografici, trovando paralleli nell’iconografia e nella spiritualità bizantina.

In ambiente orientale, la spada possedeva infatti un profondo valore teofanico. Nell’arte bizantina l’Arcangelo Michele è spesso rappresentato con una spada che trafigge il male o che si pianta nella terra al termine della battaglia, a significare la giustizia divina compiuta e la pace ristabilita. Nelle agiografie dei santi militari orientali, Giorgio, Demetrio, Teodoro, ricorrono episodi di deposizione simbolica della spada, spesso dopo una visione celeste. Non è improbabile che, attraverso i monasteri italo-greci, i contatti tra pellegrini e le crociate, queste immagini abbiano trovato eco nella spiritualità toscana del XII secolo.

La spada di San Galgano, quindi, si inserisce in una tradizione che unisce Oriente e Occidente: un gesto di conversione universale, espresso nella lingua del sacro. Ma, a differenza dei santi guerrieri bizantini, Galgano non depone la spada per ordine di un imperatore o per missione militare: la conficca nella roccia come segno di totale resa a Dio, in un atto che unisce l’eroismo del cavaliere e l’umiltà del monaco.

Con il passare dei secoli, la leggenda di Montesiepi entrò in dialogo con quella arturiana, e il tema della “spada nella roccia” si diffuse nei poemi cavallereschi come prova di elezione e di purezza. Tuttavia, la distanza tra le due narrazioni è sostanziale. Nella Materia di Bretagna, la spada è segno di potere e destino regale; a Montesiepi, è simbolo di spoliazione e penitenza. Là la lama si estrae, qui si pianta: un gesto inverso che rovescia il senso della cavalleria, trasformandola da strumento di dominio a via di salvezza.

Le affinità tra Galgano e Artù, tuttavia, non si esauriscono nel parallelismo iconico. Entrambe le figure incarnano un ideale cavalleresco riformato, sospeso tra forza e sacralità. Nella leggenda bretone, estrarre la spada significa essere scelti per regnare; in quella toscana, piantarla nella roccia significa essere scelti per servire. In entrambe le narrazioni la spada è il tramite del sacro, il segno di una chiamata che trascende l’individuo.

È difficile stabilire se la vicenda di Montesiepi abbia influenzato direttamente la tradizione arturiana o se entrambe derivino da archetipi comuni. Quando Galgano morì, nel 1181, la Materia di Bretagna circolava già in forma orale ma non ancora nelle versioni scritte di Chrétien de Troyes, databili alla fine del XII secolo. È dunque possibile che il racconto toscano e quello bretone siano contemporanei, alimentati da una stessa atmosfera spirituale: quella di un’Europa che cercava di conciliare la cavalleria con la santità.

In questo contesto, la figura di San Galgano rappresenta un punto di svolta. È il cavaliere che, anziché estrarre la spada per dominare, la pianta per obbedire; che non riceve un regno, ma ritrova se stesso nella pace. Alcuni studiosi, tra cui Franco Cardini, hanno ipotizzato che la leggenda toscana potesse influire indirettamente sulla diffusione del motivo arturiano, anche grazie alla rete dei monaci cistercensi, presenti sia in Toscana sia nelle regioni della Francia dove prese forma il ciclo bretone.

D’altra parte, il gesto di Galgano, con la spada che si trasforma in croce, trova un’eco lontana nel destino di Artù, che restituisce la sua spada sacra, Excalibur, alle acque da cui era sorta. Due gesti opposti ma complementari, entrambi legati all’idea che il potere dell’arma, per essere autenticamente sacro, debba essere restituito al divino.

Si potrebbe dire che Galgano e Artù rappresentano le due facce di un medesimo archetipo: il cavaliere eletto, l’uno attraverso la rinuncia, l’altro attraverso la conquista. Galgano raggiunge la santità disarmandosi; Artù conquista la regalità armando la propria fede. Ma entrambi, superando la dimensione profana del ferro, fanno della spada un ponte tra l’umano e il divino.

Oggi la spada di Montesiepi continua a suscitare stupore e domande. Alcuni vi vedono l’archetipo della cavalleria cristiana, altri una metafora di pace universale. La sua forza simbolica, tuttavia, risiede nella sua ambivalenza: arma e croce, reliquia e mito, testimonianza materiale e segno spirituale. Come ha scritto Franco Cardini, Galgano è “l’ultimo cavaliere e il primo santo moderno”, colui che trasforma il ferro della guerra in strumento di contemplazione.

Nel silenzio della Rotonda, dove la luce filtra dalle piccole finestre e cade sulla lama incastonata nella pietra, si percepisce ancora la tensione di quel gesto antico: non una leggenda, ma una memoria viva di fede e di rinuncia. La spada nella roccia di San Galgano rimane così una delle più alte sintesi del Medioevo cristiano, un luogo in cui la storia si fa simbolo, e il simbolo, con il tempo, diventa mito.

FONTI E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ESSENZIALI

• Vita sancti Galgani, ed. critica in G. Penco (a cura di), Fonti agiografiche toscane del XII secolo, Firenze, Olschki, 1972.

• Franco Cardini, San Galgano: storia, culto e leggenda del cavaliere di Chiusdino, Siena, Cantagalli, 1998.

• Piero Pruneti, La spada nella roccia. Storia e mistero di San Galgano, Firenze, Le Lettere, 2012.

• R. Petrocchi, “La Rotonda di Montesiepi e il simbolismo cavalleresco di San Galgano”, in Studi medievali, XLV (2004), pp. 345-370.

• CNR – Laboratorio di Archeometallurgia, Analisi della spada di Montesiepi, Rapporto tecnico, Pavia, 2001.

• S. Der Nersessian, L’iconografia dell’Arcangelo Michele nell’arte bizantina, Venezia, Istituto Ellenico, 1960.

LA SPADA NELLA ROCCIA DI SAN GALGANO
LA SPADA NELLA ROCCIA DI SAN GALGANO

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

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