𝗜𝗦𝗥𝗔𝗘𝗟𝗘 𝗟’𝗔𝗡𝗜𝗠𝗔𝗟𝗘 𝗕𝗥𝗔𝗖𝗖𝗔𝗧𝗢

di Franco Marino

12 Novembre 2025

La Knesset israeliana ha approvato in via preliminare una legge che reintroduce la pena di morte per i terroristi, mentre parallelamente ha dato il via libera a un provvedimento che vieta le trasmissioni di Al Jazeera sul territorio israeliano, accusando l’emittente qatariota di fare propaganda per Hamas.

Sono sempre stato contrario alla pena di morte, per principio e per convinzione profonda, ma quando vedo quello che sta succedendo, mi rendo conto che stiamo assistendo alla reazione primordiale di un organismo che si sente sotto attacco mortale. E francamente, pur continuando a disapprovare la misura dal punto di vista etico, non posso fare a meno di comprendere la logica disperata che la sottende.

Quello che molti non riescono a capire è che lo Stato non è un’entità astratta che galleggia sopra le nostre teste come una divinità benevola, ma è costituito da esseri umani in carne e ossa che hanno paura, che soffrono, che vedono i propri figli saltare in aria sui bus o mentre vanno a scuola. Quando questi esseri umani si trovano di fronte a nemici che non rivendicano semplicemente un pezzo di terra – su cui magari si potrebbe anche trattare, fare concessioni, trovare compromessi – ma che negano il diritto stesso di esistere del loro paese, la reazione diventa quella di una bestia ferita che morde tutto quello che le si avvicina.

Israele si trova in una posizione che definirei tragicamente unica: ha un alleato, gli Stati Uniti, che in Palestina ha sempre fatto il doppio gioco più sfacciato della storia diplomatica moderna, sostenendo pubblicamente il processo di pace mentre sottobanco alimenta tensioni e contraddizioni che rendono qualsiasi soluzione duratura praticamente impossibile. Da una parte Washington finanzia e arma Israele, dall’altra tollera e spesso incoraggia una retorica palestinese che non si accontenta della Cisgiordania o di Gaza, ma vuole cancellare dalla carta geografica l’intero stato ebraico. In questo contesto, la decisione di reintrodurre la pena di morte per i terroristi e di silenziare Al Jazeera diventa l’espressione più cruda di un istinto di sopravvivenza che ha poco a che fare con la giustizia nel senso classico del termine e molto con la volontà di mandare un messaggio inequivocabile: se vuoi distruggere questo paese, se vuoi cancellare dalla faccia della terra la mia famiglia, la mia comunità, la mia storia, io ti farò fuori prima che tu possa riuscirci e impedirò a chiunque di raccontare una versione diversa dei fatti. È una logica brutale, primitiva se volete, ma terribilmente umana.

Io stesso, pur avendo condannato con forza durante la pandemia lockdown, green pass e obblighi vaccinali come misure liberticida e sproporzionate, trovavo perfettamente razionale che lo Stato, di fronte a quella che percepiva come una minaccia concreta alla salute pubblica, reagisse con violenza contro chi si opponeva. Non perché condividessi quelle misure – anzi, le ritenevo sbagliate e dannose – ma perché riconoscevo che il core business di qualsiasi apparato statale è esattamente questo: proteggere la maggioranza che non sa o non può difendersi da sola, anche a costo di usare la forza contro chi viene identificato come una minaccia.

La differenza è che nel caso del Covid si trattava di una percezione della minaccia che molti di noi giudicavano esagerata e strumentale, mentre nel caso di Israele la minaccia è concreta, quotidiana, esistenziale nel senso più letterale del termine. Hamas, Hezbollah, l’Iran e i loro alleati non nascondono di volere la distruzione totale dello stato israeliano, non stanno negoziando per dei confini più favorevoli o per maggiori diritti civili, stanno semplicemente cercando di cancellare dalla mappa un paese intero e tutti i suoi abitanti.

Quando la posta in gioco è la sopravvivenza fisica di milioni di persone, l’aggressività diventa una conseguenza naturale, biologica quasi. È lo stesso meccanismo che scatta quando un animale viene messo alle strette: non ragiona più in termini di proporzione o di giustizia astratta, ma in termini di vita o di morte. E Israele, che da decenni vive in questo stato di assedio permanente, ha ormai interiorizzato questa logica di sopravvivenza fino al punto di essere disposto a violare i propri principi democratici e umanitari pur di mandare un segnale di deterrenza ai suoi nemici.

Da liberale e democratico, condanno questa deriva autoritaria perché so che quando uno stato inizia a giustiziare i suoi nemici in nome della sicurezza nazionale, il passo verso la deriva totalitaria è più breve di quanto si possa immaginare. Ma da essere umano, da persona che sa cosa significa avere paura per la propria vita e per quella dei propri cari, non posso fare a meno di capire la disperazione che sta dietro a questa scelta.

𝗜𝗦𝗥𝗔𝗘𝗟𝗘 𝗟'𝗔𝗡𝗜𝗠𝗔𝗟𝗘 𝗕𝗥𝗔𝗖𝗖𝗔𝗧𝗢
𝗜𝗦𝗥𝗔𝗘𝗟𝗘 𝗟’𝗔𝗡𝗜𝗠𝗔𝗟𝗘 𝗕𝗥𝗔𝗖𝗖𝗔𝗧𝗢

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

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