a cura di Tania Perfetti
Il battesimo, nella tradizione cristiana, non è un “marchio”, né un’imposizione magica: è un rito di ingresso nella comunità, paragonabile ai riti di passaggio presenti in moltissime culture. In altre tradizioni lo stesso ruolo è svolto dalla circoncisione o da altri segni identitari: cambia il gesto, non il significato antropologico.
Si fa ai bambini perché nella visione cristiana l’appartenenza alla comunità precede la scelta razionale: si è accolti prima di poter scegliere. La libertà arriva dopo, quando l’individuo diventa adulto e decide cosa fare della tradizione ricevuta: confermarla, rielaborarla o lasciarla.
Quanto allo sbattezzo, non è un rito, ma una procedura amministrativa: si esercita il proprio diritto alla privacy chiedendo che nei registri parrocchiali sia annotata la volontà di non appartenere più alla Chiesa cattolica. È gratuito, non cancella il sacramento (che per la teologia resta un fatto storico, non ripetibile), ma registra legalmente la scelta della persona.
In sintesi: ognuno creda pure ciò che vuole, ma quando si parla di pratiche altrui è bene farlo con informazioni corrette. Altrimenti non si discute: si crea solo rumore.

