LA DISTRUZIONE DELL’ETERNO FEMMININO NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA

di Claudia Placanica

Dagli anni Settanta alle donne non bastarono più le lotte di emancipazione e di rivendicazione dei diritti: l’uomo divenne il nemico da combattere e la donna cessò di essere tale per trasformarsi in una creatura infelice, grondante livore. La giornata dell’8 marzo cambiò, non solo perché la componente consumistica aveva lordato qualsiasi aspirazione al miglioramento, ma perché le teorie postmoderne avevano orientato gli studi accademici e l’attivismo. Non più domina, ma essere frustrato, la donna fu sottoposta ai processi interni al liberismo che implicarono la condanna della maternità come negazione della realizzazione e resa al progetto di procreazione per lei deciso dall’uomo e i processi interni alla cultura decostruzionista che videro nel lesbismo una forma di lotta e affermazione contro il maschio stupratore. Le tendenze imposte dal mondo mutevole e capriccioso della moda hanno chiesto al corpo della donna che questo si adattasse alle esigenze dell’industria rappresentate come forme di libertà: un corpo magro negli anni Sessanta, scolpito dall’esercizio fisico negli anni Ottanta, accessoriato di protesi voluminose negli anni 90, grasso nell’ultimo decennio. Ogni decade ha imposto paradigmi e finte libertà, sacrificando l’essenza femminile. L’empowerment è il costrutto di cui si sono occupate le Nazioni Unite in nome della crescita e dello sviluppo della condizione delle donne e della loro partecipazione pubblica. Come se prima della metà del Novecento, le donne non si fossero mai autodeterminate e valorizzate; come se Ipazia, Giovanna D’Arco, Trotula De Ruggiero, Rosa Luxemburg, Gerda Taro, Frida Kahlo, Emma Goldman o Tamara de Lempicka avessero avuto bisogno di un organismo internazionale per esprimere sé stesse e realizzarsi; come se, Mina, Nina Hagen, Diamanda Galas, Blondie, Siouxsie non avessero saputo realizzare i loro progetti. Come se Virginia Woolf non avesse già ammonito le ragazze all’università di Cambridge nell’ottobre 1928 spiegando loro che non avevano più scuse per non svolgere le attività che per secoli erano state loro precluse, voto incluso.

Quello che invece non ha scuse è la distruzione dell’eterno femminino, della combinazione tra Animus e Anima nell’accezione junghiana, la riduzione dell’Eros a sessualità manipolata e consumabile. Lo sgomento è la donna la cui estetica si ispira al travestito e alla drag queen, è la seduzione svilita nella nudità venduta come liberazione; la trans campionessa di lancio col disco.

La società liberista e la cultura postmoderna hanno condannato i poemi omerici sessisti e violenti, dimentichi del ruolo fondamentale di Andromaca o Penelope. Hanno dimenticato che “Eurinome, Dea di Tutte le Cose, emerse nuda dal Caos e non trovò nulla di solido per posarvi i piedi: divise allora il mare dal cielo e intrecciò sola una danza sulle onde. Sempre danzando si diresse verso sud e il vento che turbinava alle sue spalle le parve qualcosa di nuovo e di distinto; pensò dunque di iniziare con lui l’opera della creazione”

LA DISTRUZIONE DELL'ETERNO FEMMININO NELLA SOCIETA' CONTEMPORANEA
LA DISTRUZIONE DELL’ETERNO FEMMININO NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

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