𝗚𝗔𝗥𝗢𝗙𝗔𝗡𝗜 𝗠𝗔𝗧𝗧𝗔𝗥𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗘 𝗟𝗔 𝗦𝗢𝗥𝗣𝗥𝗘𝗦𝗔 𝗗𝗜 𝗡𝗘𝗦𝗦𝗨𝗡𝗢

di Franco Marino

20 Novembre 2025

Una delle malattie di questo paese è il feticismo istituzionale che avvolge il concetto di contropotere, una di quelle commedie all’italiana che meriterebbe di essere ridicolizzata senza mezzi termini.

In questo senso, ogni potere non è mai contro o a favore di qualcosa, ma è semplicemente potere e basta. E quando smettiamo di raccontarci favole sui garanti, sui custodi della Costituzione e sui padri della patria, sul giornalismo cane da guardia del potere (il che è vero, ma solo se lo intendiamo nel senso di difesa del potere) iniziamo finalmente a capire come funzionano davvero le cose.

In questo senso, la vicenda di Francesco Saverio Garofani è di una gravità che dovrebbe far tremare le fondamenta del nostro sistema istituzionale ma che sorprende fino ad un certo punto.

La notizia, per chi finora la sta leggendo solo a spizzichi e bocconi, in sintesi è questa: un consigliere del Presidente della Repubblica si è permesso di auspicare pubblicamente uno scossone pur di far cadere il governo Meloni. Non siamo di fronte alla critica politica di un consigliere un po’ chiacchierone (verrebbe da dire “troppo” soprattutto confrontando la sua figura con quella del silenzioso Mattarella) e nemmanco di fronte ad un’opposizione dialettica, ma all’augurio, da parte di un personaggio vicino a quello che dovrebbe essere il “garante dell’unità del paese” che accada qualcosa di terribile al paese per ottenere un risultato politico. E la gravità non sta nemmeno tanto nelle parole di Garofani, ma nel fatto che Mattarella non lo abbia messo al suo posto e di come tutto questo rappresenti perfettamente la mentalità di un’élite che considera il governo democraticamente eletto come un incidente di percorso da correggere con qualsiasi mezzo, in nome della cui caduta, se non bastano le solite manovre di palazzo, allora ben vengano le disgrazie nazionali.

Ma ripeto, qui siamo di fronte ad una sorpresa e ad uno scandalo che fanno sorridere per l’ingenuità di chi li solleva. Perché il gigantesco equivoco è quello di considerare il Presidente della Repubblica come il saggio custode delle istituzioni. E vediamo perché.

Il sistema italiano, se lo si legge con attenzione, è praticamente identico al sistema iraniano. Come funziona il sistema iraniano?

Sebbene l’Iran sia, formalmente, una democrazia – teoricamente si può candidare chiunque come presidente dell’Iran e chiunque può far parte della cosiddetta Assemblea degli esperti – nella pratica, il vero potere è detenuto dal clero islamico, composto dal Consiglio dei guardiani della Costituzione, al di sopra del quale vi è la Guida Suprema, la quale può tranquillamente sabotare qualsiasi candidato non gli piaccia.

Se lo confrontiamo col sistema italiano e al Consiglio dei guardiani della Costituzione sostituiamo le lobby dell’informazione e alla Guida Suprema il Presidente della Repubblica, abbiamo rifatto il sistema iraniano tale e quale.

Il Presidente della Repubblica oltre a godere di guarentigie che gli altri politici si sognano, ha un potere enorme che gli consente di bocciare ministri che non gli piacciono, di rimandare le leggi al mittente qualora non gli piacessero, di sciogliere le camere quando gli pare e di nominare senatori a vita per sistemare gli equilibri parlamentari. L’unica differenza con l’Iran è che da noi questo potere si esercita con il sorriso e le buone maniere, condito da qualche citazione di Piero Calamandrei.

I casi di Savona e Previti dovrebbero averci insegnato qualcosa. Nel 2018 Mattarella semplicemente cancellò la volontà degli elettori bocciando Paolo Savona come ministro dell’Economia perché parrebbe che quest’ultimo avesse detto la cosa più banale del mondo: “Se l’Euro crolla dobbiamo avere un piano B per affrontare le conseguenze”. Che è come se licenziassimo il comandante di una nave perché vuole le scialuppe di salvataggio, una roba che nel paese del disastro della Concordia non deve stupire. Ma il punto è che quando un Presidente della Repubblica boccia il ministro di un governo espressione di una chiara maggioranza, di fatto altera la legittimità politica del governo di cui espressione. Nel caso Previti, fu Scalfaro a mettersi di traverso, impedendo che Berlusconi mettesse quello che, piaccia o meno, almeno a quei tempi era un avvocato noto per la sua bravura.

In sintesi, un Presidente della Repubblica può sabotare un governo democraticamente eletto e può premiare chi è stato condannato dalla magistratura. E tutto questo viene venduto come garanzia costituzionale.

Sergio Mattarella, il nostro presidente, è l’incarnazione perfetta di questo sistema. Un politico siciliano che ha attraversato tutti i gangli del potere democristiano, fratello di Piersanti ammazzato dalla mafia, figura che nessuno osa toccare perché protetta dall’aura del dolore e del sacrificio familiare. Ma proprio per questo dovremmo chiederci: può davvero essere garante dell’unità dello Stato uno che rappresenta una precisa parte politica, una specifica visione del mondo, una determinata idea di società? La risposta è ovviamente no. Nessun presidente della Repubblica può essere garante di un bel niente, perché ogni presidente porta con sé la sua storia, le sue convinzioni, i suoi interessi. E quando questi interessi collidono con la volontà popolare, indovinate chi vince?

La realtà di cui non si vuol prendere atto è che il sistema presidenziale italiano è stato congegnato per essere un freno alla democrazia, non una sua garanzia. È l’ultimo baluardo di un’élite che non si fida del popolo e che ha bisogno di mantenere il controllo anche quando perde le elezioni. Per questo i presidenti vengono scelti sempre tra i soliti noti, tra chi ha dato garanzie di affidabilità al sistema, tra chi non farà mai il passo più lungo della gamba. E per questo i loro consiglieri si permettono di auspicare disgrazie nazionali pur di liberarsi di un governo sgradito.

Così, mentre noi ci raccontiamo la favola del presidente padre di tutti, la realtà è che l’unico vero contropotere in una democrazia dovrebbe essere il popolo. Non i giudici, non i presidenti, non le autorità indipendenti, non i garanti di questo o di quello. Il popolo. Quello stesso popolo che però viene considerato troppo ignorante per capire, troppo emotivo per decidere, troppo manipolabile per governare. Allora ecco che servono i contropoteri, i pesi e i contrappesi, le autorità super partes. Tutte scuse per legittimare un sistema che di democratico ha solo la facciata.

Quando finalmente smetteremo di credere alle favole istituzionali e riconosceremo che il potere è potere – né buono né cattivo, semplicemente potere – forse inizieremo a costruire davvero una democrazia. Ma fino a quando continueremo a venerare presidenti, giudici e autorità varie come se fossero entità superiori al gioco politico, resteremo sudditi travestiti da cittadini. E i consiglieri presidenziali continueranno a auspicare sciagure nazionali per i loro giochi di palazzo.

𝗚𝗔𝗥𝗢𝗙𝗔𝗡𝗜 𝗠𝗔𝗧𝗧𝗔𝗥𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗘 𝗟𝗔 𝗦𝗢𝗥𝗣𝗥𝗘𝗦𝗔 𝗗𝗜 𝗡𝗘𝗦𝗦𝗨𝗡𝗢
𝗚𝗔𝗥𝗢𝗙𝗔𝗡𝗜 𝗠𝗔𝗧𝗧𝗔𝗥𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗘 𝗟𝗔 𝗦𝗢𝗥𝗣𝗥𝗘𝗦𝗔 𝗗𝗜 𝗡𝗘𝗦𝗦𝗨𝗡𝗢

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

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