a cura di Giuseppe Aiello
(Necessità dell’exoterismo tradizionale)
“[…] non si costruisce sul vuoto; ora, l’esistenza unicamente profana dalla quale sia escluso ogni elemento tradizionale, non è appunto, in realtà, che vuoto e nulla.
Se si vuole innalzare un edificio, si devono preventivamente disporre le fondamenta; queste sono la base indispensabile su cui poggerà l’intero edificio, comprese le parti più elevate, e tali resteranno sempre anche quando esso sarà terminato. Analogamente, l’adesione ad un exoterismo è una condizione preliminare per arrivare all’esoterismo, né si deve pensare che tale exoterismo possa essere rigettato una volta ottenuta l’iniziazione, così come non si possono sopprimere le fondamenta quando si è ultimato l’edificio.
Bisogna aggiungere che l’exoterismo, in realtà, ben lungi dall’essere rigettato, dev’essere «trasformato» in misura corrispondente al grado raggiunto dall’iniziato, poiché questi diventa vieppiù atto a capirne le ragioni profonde; di conseguenza, le formule dottrinali ed i riti assumono per lui un significato molto più reale ed importante di quel che possono avere per un semplice exoterista, che in definitiva si troverà sempre e per definizione limitato a non vederne che l’apparenza esteriore, cioè quel che conta di meno per quanto riguarda la «verità» della tradizione considerata nella sua integralità.”
René Guénon, “Iniziazione e realizzazione spirituale”, cap. VII
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Non si ha certezza su quale scuola giuridica seguisse Ibn Arabi, in gioventù studiò soprattutto il madhhab mālikita, la scuola dominante in al-Andalus, ma ebbe maestri anche shāfiʿiti e ḥanbaliti durante i suoi viaggi in Oriente.
Alcuni biografi classici (come al-Dhahabī e Ibn Khallikān) notano che talvolta si avvicinò alle posizioni ẓāhirite (scuola letteralista), ma non risulta che si sia mai formalmente dichiarato ẓāhirita.
Quello che è certo, è che Ibn Arabi rispettava pienamente (col massimo sforzo personale che uno può fare, ovviamente) la Shariah, quale requisito indispensabile per ogni cammino realmente iniziatico e spirituale.
Ibn ʿArabī NON rinnegava le norme esteriori del fiqh, poiché
la verità interiore (ḥaqīqa) non può mai contraddire la legge esteriore (sharīʿa);
Non solo, i Santi (awliyāʾ) sono più rigorosi nell’adempimento delle norme, non meno.
Celebre è il principio attribuito a lui e ai suoi discepoli:
“Ogni ḥaqīqa che contraddice la sharīʿa è falsa.”
Nelle Fatāwā e nelle sezioni giuridiche delle Futūḥāt al-Makkiyya, Ibn ʿArabī dimostra competenza tecnica nelle questioni di fiqh e insiste che l’esperienza mistica non dà licenza di infrangere la Legge.
Che dunque le mogli debbano, in linea generale, obbedire ai mariti nei limiti del rispetto delle norme divine e dell’etica – ad esempio, il Profeta disse: “i migliori credenti [maschi] sono coloro che trattano bene le proprie mogli” – non può essere messo in discussione.
Poi ognuno – maschio o femmina che sia – renderà conto a Dio.
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TRADIZIONE INDU’
Manusmṛti 5.154
“Una donna virtuosa deve sempre rendere onore al marito come a un dio.”
Manusmṛti 5.151
“Lei deve essere sempre allegra, operosa e comportarsi come il marito desidera.”
Il marito è autorità normativa – Manusmṛti 8.299
“Per le donne il marito è la legge (dharma), il rito (śruti) e la via del mondo.”
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BUDDHISMO
Aṅguttara Nikāya 4.55 – “Il discorso sulle coppie” Il Buddha dice che una buona moglie è:
“Obbediente e rispettosa, agisce con gentilezza, svolge bene i suoi compiti, e guarda con affetto il marito.”
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DIRITTO ROMANO: Gaius, Institutiones I.108
“In manum convenit uxor… loco filiae habetur.”
“La moglie che entra sotto la manus… è considerata come una figlia [del marito].”
Equivale a dire che la moglie appartiene giuridicamente al marito.
Plutarco, “Praecepta Coniugalia 7”: “La moglie deve obbedire al marito come al proprio capo.”
Seneca, De Matrimonio (fr.) : “Uxor viro parere debet.”
“La moglie deve obbedire al marito.”
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EBRAISMO E CRISTIANESIMO
Il marito “domina” sulla moglie (Genesi 3:16) – Il marito “acquista” la moglie (Deuteronomio 24:1)
TALMUD – Kiddushin 2a
Il Talmud definisce formalmente il matrimonio come acquisizione (kinyan):
“Una donna è acquisita (niknet) in tre modi… con denaro, atto o rapporti.”
Ciò non implica proprietà assoluta, ma unilaterale iniziativa e autorità matrimoniale del marito.
TALMUD – Nedarim 30b – Il marito è considerato baʿal (“padrone, signore”) della moglie: – “La moglie è considerata come proprietà del marito per alcune questioni.”
TALMUD – Ketubot 63a – La moglie ha un dovere tradizionale di obbedienza alla gestione della casa: “Tutto ciò che la moglie fa è per suo marito.”
TALMUD – Eruvin 41b – L’ordine familiare tradizionale è esplicito: “La donna segue la volontà del marito.”

