a cura di Lortoincolto
Penso alle battaglie vecchie di un secolo, schermaglie italiane tra Terragni e Piacentini o, più in generale, quelle tra Sartre e Camus, oppure addirittura a veri duelli come tra Ungaretti e Bontempelli a casa Pirandello…
Oggi il dibatto appare fermo o, peggio, imbarazzante, si limita spesso a commenti sui social, dove è impossibile approfondire o chiarire.
In foto: Casa del Fascio a Como (1936), progetto Giuseppe Terragni.
Nel periodo più buio tra le due guerre in Italia l’architettura era al centro del dibattito culturale, che accompagno l’intensa attività edilizia per la realizzazione di scuole, ospedali, palazzi di giustizia, uffici postali, stazioni ferroviarie, impianti sportivi e industriali, nuovi edifici collettivi come le Case del Fascio, le Case dell’Opera Nazionale Balilla, le Case del Dopolavoro, le Colonie marine e montane e molti quartieri di case popolari. Un impegno nei lavori pubblici che generò schieramenti culturali, esemplificativi quelli contrapposti tra pro-razionalismo (Terragni) e pro-monumentalismo (Piacentini), con intenti linguistici radicalmente diversi. Lo scontro tra monumentalisti e modernisti divenne presto una battaglia senza esclusione di colpi dopo la costruzione della Casa del Fascio di Terragni.
