di Leonid Savin
In Iran i disordini e le proteste di massa continuano per la terza settimana. I media occidentali globalisti hanno scritto che ciò è stato causato dalla morte di Mahsa Amini, che sarebbe stata uccisa dalla buoncostume per non aver indossato il velo (in Iran le ragazze e le donne sono obbligate per legge a coprirsi il capo). Tuttavia, secondo i rapporti ufficiali, la donna ha avuto un infarto alla stazione di polizia. È stata portata in ospedale, ma non è stato possibile salvarla. Il resto dei dettagli non è noto, perché in seguito la situazione ha cominciato a peggiorare bruscamente. Inoltre, un gran numero di falsi è apparso sui social network e su pubblicazioni straniere.
L’incidente della ragazza è avvenuto il 16 settembre. Già il 18 settembre sono iniziate proteste di massa e disordini. Un agente di sicurezza è stato ucciso da una folla di persone non identificate e anche quattro giovani iraniani sono stati uccisi dai manifestanti durante gli scontri. È chiaro che la situazione stava deliberatamente degenerando.
Nei giorni successivi, le proteste si sono estese a diverse città dell’Iran. Le donne manifestavano strappandosi i foulard dalla testa. Sono stati segnalati sequestri di armi. I video condivisi sui social media hanno mostrato i rivoltosi mentre lanciavano bombe molotov contro le auto della polizia e picchiavano gli agenti. Sono emersi anche filmati della folla che canta “Lunga vita allo Shah Pahlavi”. Questi canti sono sorprendenti perché la stragrande maggioranza degli iraniani di oggi non ricorda i tempi della dinastia Pahlavi (lo Scià fuggì dal Paese durante la Rivoluzione islamica del 1979 e fu proprio la natura repressiva del regime dello Scià la chiave del successo della rivoluzione).
Questo scenario assomiglia agli eventi in Libia, anch’essi iniziati con un piccolo incidente e poi sviluppatisi in azioni politiche (gli striscioni monarchici sono apparsi immediatamente) e nella guerra civile. Sviluppi simili si sono verificati anche durante le elezioni presidenziali, quando Mahmoud Ahmadinejad era in corsa per un secondo mandato. Il “movimento verde” del Paese, attraverso i social network, ha invitato alla mobilitazione e alle proteste di massa.
Già il 22 settembre si sapeva che 61 ambulanze erano state distrutte dai vandali. Nella seconda settimana si sapeva che i morti erano più di quaranta. Nella terza settimana, il numero delle vittime si avvicinava al centinaio.
Non disponiamo di statistiche complete sui reati penali e contravvenzionali in Iran. Tuttavia, possiamo supporre che ci siano incidenti standard con la morte di autori di reati, così come casi di abuso di potere da parte di membri del ramo esecutivo. Ma in questo caso c’è una deliberata promozione del tema della vittima e dei “cattivi funzionari”. In generale, la Primavera araba in Tunisia è iniziata con un episodio simile. In questo caso, è indicativo anche il fatto che i manifestanti non chiedono di “individuare i colpevoli”, ma incolpano le autorità in generale; cioè, le azioni sono dirette contro la Guida Suprema dell’Iran e l’istituzione del rakhbar, che rappresenta le autorità spirituali che sono al di sopra degli organi secolari.
Tralasciando il fattore emotivo, così come l’agitazione socio-politica in Iran (che è minore rispetto a un anno fa), bisogna prestare attenzione al contesto geopolitico e alle relazioni internazionali. In Iran, l’ondata di proteste è iniziata subito dopo il vertice SCO di Samarcanda, dove l’Iran è stato accettato come membro a pieno titolo dell’organizzazione.
Inoltre, l’Iran sta attualmente lavorando all’adeguamento di una serie di leggi in conformità con le norme dell’EAEU, al fine di passare da una zona di libero scambio alla piena adesione della Repubblica Islamica dell’Iran. Sono stati firmati numerosi accordi con la Russia, tra cui la fornitura di gas naturale all’Iran e l’utilizzo del Paese per il transito verso la vicina Repubblica del Pakistan, anch’essa interessata alle risorse energetiche russe. Anche la cooperazione nel settore delle infrastrutture e quella tecnico-militare si stanno intensificando. La comparsa di droni kamikaze iraniani nelle file dell’esercito russo che sta conducendo l’operazione in Ucraina cambia la situazione sul fronte a favore della Russia.
Notiamo un altro fatto interessante. Il giorno prima, l’Albania ha ufficialmente interrotto le relazioni diplomatiche con l’Iran. Il motivo era un attacco informatico che sarebbe stato effettuato dai servizi speciali iraniani alle infrastrutture dell’Albania. Ma in realtà il caso ha una doppia faccia. Sul territorio albanese sono presenti campi in cui vengono addestrati i rappresentanti dell’organizzazione terroristica Mujahedin-e Khalqdel popolo iraniano, che propugnano il rovesciamento del governo iraniano. In particolare, distribuiscono contenuti di propaganda e conducono operazioni informatiche contro l’Iran. È probabile che la rappresaglia delle forze di sicurezza iraniane o degli hacker contro i server di Mojahedin-e Khalq abbia provocato effetti a cascata che hanno colpito altri elementi dell’infrastruttura critica. Microsoft ha partecipato alle indagini sull’incidente informatico in Albania.
Inoltre, la controversia sul programma nucleare iraniano è prossima alla risoluzione. La Russia sostiene pienamente Teheran su questo tema. Anche gli Stati dell’UE sono interessati a tornare alla situazione precedente all’imposizione di nuove sanzioni da parte degli Stati Uniti. Solo Washington è ancora ostinata, il che si spiega con gli stretti legami tra gli Stati Uniti e Israele. Si è notata una normalizzazione delle relazioni anche con l’Arabia Saudita, da sempre antagonista dell’Iran. L’insieme di questi fattori indica un significativo rafforzamento dell’Iran nella regione negli ultimi tempi, nonostante le continue sanzioni statunitensi.
Ciò pone la domanda: chi beneficia di una crisi o di un colpo di Stato in Iran?
Il Pakistan, il Turkmenistan, la Turchia e l’Iraq sono difficilmente interessati a un grave deterioramento del clima politico nel vicino Paese, perché eventuali disordini potrebbero ripercuotersi su di loro. Ma ci sono altri attori che trarrebbero vantaggio da un’eventuale crisi in Iran.
Innanzitutto, Israele, Gran Bretagna e Stati Uniti non sono interessati ad accrescere il ruolo e lo status dell’Iran. Israele e gli Stati Uniti hanno parlato apertamente della necessità di rovesciare il “regime degli ayatollah” in Iran. I primi lo fanno a causa della sicurezza e dei legami dei gruppi palestinesi e degli Hezbollah libanesi con il governo iraniano. I secondi lo fanno per l’idée fixe di instaurare una democrazia liberale occidentale.
Va aggiunto che il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche è stato riconosciuto come organizzazione terroristica dagli Stati Uniti. I rappresentanti di questa organizzazione sono costantemente e infondatamente accusati da Washington di pianificare e organizzare atti illeciti e di minacciare gli interessi statunitensi.
Infine, la vittima-eroina delle proteste era originaria della regione curda dell’Iran, il che aggiunge un fattore regionale e curdo alla vicenda, dal momento che diverse organizzazioni curde svolgono attività sovversive contro il governo iraniano, dalla propaganda politica all’organizzazione di attacchi alle guardie di frontiera e alle forze di sicurezza. Visti i legami di lunga data di Israele e degli Stati Uniti con i curdi dell’Iraq, nonché la capacità di manipolare i social network, possiamo ipotizzare che gli interessati difficilmente si lasceranno sfuggire l’occasione di usare la morte della ragazza per fomentare il malcontento e i disordini sociali.
Inoltre, il livello e l’esperienza dei servizi segreti degli Stati citati ci permette di concludere che solo questi Paesi possono condurre un’operazione di questo livello in un altro Stato. Fonti affidabili in Iran riferiscono di un aumento dell’attività della propaganda sionista e occidentale all’interno del Paese. È iniziata una reazione a catena. Questi eventi passeranno ovviamente alla Storia come un altro tentativo di rivoluzione colorata.
Traduzione a cura di Costantino Ceoldo
Fonte: Idee&Azione
8 ottobre 2022
