di Giorgio Freeflight
Divinizzare o demonizzare la sofferenza è uno dei tanti meccanismi duali della Matrix.
Sia nell’uno che nell’altro caso, la sofferenza ci accompagnerà per il resto della nostra esistenza.
Credere che la sofferenza sia il motore indispensabile per la nostra crescita ed evoluzione, vuol dire vivere da prigionieri.
La sofferenza, il dolore, sono sintomi atti a farci comprendere che qualcosa sta andando storto… che c’è uno squilibrio da mettere a posto.
Molti di coloro che affermano di dover evitare di guardare la sofferenza o di starci addirittura dentro vivendosela appieno, sono semplicemente inconsapevoli… altri sono strumenti utilizzati da chi si nutre energeticamente di questi squilibri.
Sia scappare che restarci dentro, toglie energia vitale…
La sofferenza non è uno stato naturale dell’Essere, ma un ostacolo ad esso.
La sofferenza va osservata e guarita contemporaneamente.
Più si è veloci in questo processo e meno forza vitale si disperde.
L’Occidente ci ha parlato di “peccato originale” per farcela accettare come elemento di purificazione…
L’Oriente, invece, di “karma negativo” di vite passate.
Ci hanno fatto sempre credere che solo con la sofferenza e il dolore possiamo redimerci dalla “monnezza” che siamo e con la quale veniamo al mondo.
Quando, invece, ad un certo punto, inizi un vero percorso di scoperta e amore verso te stesso, prendi consapevolezza che non c’è da realizzare nulla, se non reclamare ciò che ti è stato velatamente negato.
Più ci si spoglia di ciò che non si è e più ci si ricorda di ciò che si è realmente…
Le sofferenze umane sono cibo nutriente per “molti esseri”, di questo piano e non.
