a cura dell’Associazione Internazionale SOL COSMICUS
“Quel che un essere umano raggiunge nell’esperienza mistica è il “polo celeste” del suo essere, cioè la sua persona così come ad essa e attraverso essa, dalle origini, nel mondo del Mistero, l’Essere Divino si è manifestato a se stesso, e ad essa si è fatto conoscere sotto quella Forma che è, parimenti, la Forma sotto la quale l’Essere Divino si conosce in lei. È l’idea, o, piuttosto, l’“ Angelo” della sua persona, il cui io presente non è che il polo terrestre; non è certo l’’“angelo custode” della teologia corrente, ma un’idea assai vicina alla Daènà-Fravarti del mazdeismo, di cui colpisce la ricorrenza, benché sotto altri nomi, nei nostri mistici (per esempio, l’Angelo Azraele in Jili). La teofania costitutiva dell’individualità eterna dell’essere umano fu dunque un’autodeterminazione dell’Essere Divino; in essa, quest’ultimo è totalmente Dio, così come può esserlo in e per un microcosmo, singulatim. Designando tale determinazione avvenuta nel mondo del Mistero come “Angelo”, la visione di Sé, Alter Ego divino sarà, in quanto visione teofanica, esattamente un’angelofania. Ibn ‘Arabi si sentirà dire, nel corso di un colloquio segreto: “Tu non mi vedrai”, e tuttavia Lo vedrà, e Lo incontrerà all’ombra del Tempio mistico. Respingere la pretesa di un mistico che definiva il grado dell’Uomo Perfetto, la realizzazione microcosmica dell’Essere Divino come un’identificazione con l’Essenza divina non significa dare prova di razionalismo e di “intellettualismo”; nemmeno significa rendere impossibile l’esperienza mistica, bensì respingere implicitamente lo schema indotto da un monoteismo essoterico. Ma allora, lo schema del monoteismo unilaterale non subisce forse un’alterazione decisiva, dacché l’esperienza mistica, essendo vissuta come dialogo da solo a solo, ogni volta, tra l’Amato e l’Amante, postula ogni volta una individuazione intrinseca all’Essenza divina e omologa alla sua totalità?”
(Henry Corbin, L’immaginazione creatrice – Le radici del Sufismo)
