di Massimo Selis
A 13 anni dalla morte ea oltre un secolo dalla nascita di quello che è a nostro avviso il più importante metafisico dell’ultimo secolo, potrebbe sembrare strano che il suo pensiero sia rimasto confinato in una ristrettissima cerchia, che non ci siano stati interessati – veri , intendiamo – nel mondo accademico; ma in realtà è per noi assolutamente naturale che sia così. Tragicamente e provvidenzialmente allo stesso tempo, naturale.
Non vogliamo qui tratteggiarne un ricordo in virtù di qualche ricorrenza, ma evidenziare uno degli aspetti fondanti del suo pensiero – che in realtà, essendo vero Pensiero, non è suo – che può aiutarci ad illuminare il tempo che stiamo vivendo, a sgomberare il campo da molte illusioni ea dare uno slancio inedito al cammino che ci condurrà verso Gerusalemme, verso la Pasqua.
L’uomo dell’era moderna è un uomo cresciuto quasi sempre senza la guida di un maestro. Questo ha avuto molte conseguenze assai negative anche in quelli che si sono abbeverati “autonomamente” alle fonti della Tradizione. Perché il vero maestro è colui che indica le tappe del cammino, in cui ogni cosa, ogni lettura, ha un suo tempo; che fa sostare il discepolo lì dove questi sente maggiore resistenza e sarebbe tentato subito di scappare; che invia il discepolo talvolta là dove non vorrebbe, per paura, per indolenza, perché semplicemente non ne comprende ancora il senso. Senza una guida si finisce spesso per “viziarsi” con la Tradizione, di scegliere quello che più ci piace e di rifiutare quello che stride dentro, quello che ci metterebbe veramente in crisi. E ancora di farne un vessillo sotto il quale ci si sente migliori,
Dopo i sussurti sociali e culturali degli ultimissimi anni, si deve con tutta franchezza riconoscere e testimoniare che si assiste ad una inquietante regressione del pensiero, quasi ad una sua preventiva rinuncia di esplorare le vette da dove poi ridiscendere donando la ricchezza veduta in sì alti luoghia chi è rimasto a custodire la valle. Tutto deve restare dentro confini ben precisi che non donano mai vera pace all’anima assetata di Verità e Bellezza. E ancor più si è ormai quasi certificata una abitudine psichica davvero invalidante: quella di rinchiudersi dentro recinti preconfezionati, conventicole già pronte e rassicuranti. In un gioco di polarizzazioni che ha l’unico risultato di vedere il Male solo e soltanto dalla parte che abbiamo denominato come avversa alla nostra. Uno scontro tra bambinesco che si esemplifica in un “Noi contro Loro”.
Così trionfano gli ideologi, i falsi pensatori che masticano parole buone solamente per alimentare questa contrapposizione e rinvigorire i cuori battaglieri. Una contrapposizione che su un piano di realtà è assolutamente reale: qui nessuno la nega. Ma è proprio del vero Uomo della Tradizione pensare, parlare e agire su un piano più alto ea quello richiamare lo sguardo. Panunzio ha fatto proprio questo e lo ha esplicitato in tutti i suoi numerosi e corposi scritti. E, crediamo, lo abbia anche incarnato nella sua vita. Perché un pensiero che non si fa lingua e carne cosa può valere?
Riportiamo qui un breve passaggio tratto dalla sua opera Metapolitica , in cui egli chiarisce appunto questa sublime verità a cui pare che anche molti dei suoi lettori – solo disattenti o semplicemente privi di un maestro? – forse non hanno voluto osare credito. tuttavia essa è determinante, essenziale per discernere i Segni in vista del combattimento della buona battaglia finale, che in realtà si sta già compiendo.
«Eppure, ci sia permesso di osservare che il binomio “Rivoluzione-Controrivoluzione” è, se non proprio sbagliato, per lo meno elementare e incompleto. La Tradizione perenne non può infatti identificarsi con la Controrivoluzione, ossia, in concreto, con la teoria e la prassi della Reazione. Le cose del mondo sono molto più complesse. […] Il sovvertimento mondiale si serve, anzi, non solo delle forze della Rivoluzione, ma persino delle forze uguali e contrarie della Reazione. È un gioco sottile che bisogna comprendere, comprendere perfettamente, altrimenti si rischia di divenire inconsapevoli ma attive pedine del gioco medesimo. Un regime, una società, una cultura reazionari provocano immediatamente – per la legge psicocosmica dei rimbalzi, analoga alla ben nota legge che opera nella fisica – un regime, una società e una cultura rivoluzionari».
Con pochi tratti si perviene qui a svelare il grande inganno in cui tanti uomini di buona volontà, ma poco intelletto, cadono ripetutamente. Lo vediamo nell’infantile moralismo dei tanti cattolici conservatori che credono di poter combattere le storture di questo tempo senza comprendere che proprio la loro la fede ipocrita e senza alcuna profondità intellettuale le ha in qualche modo anticipare e poi sostenute. Allo stesso modo lo osserviamo nella lotta contro certe élite che vorrebbero ridisegnare la vita quotidiana di miliardi di abitanti su questo pianeta. Ad esse ci si oppone rimanendo fermi, o forse dovremmo meglio dire in-fermi , nelle proprie consuetudini, abitudini e convinzioni che invece già odorano di morte.
All’origine di questo tragico inganno Panunzio ha sempre messo in evidenza la fallace visione della Tradizione come qualcosa di statico, mentre essa è, nella sua essenza, dinamica .
«Dunque, sia la Rivoluzione, sia la Reazione, sono entrambi strumenti di un’unica congiura mondiale: quella della Sovversione. […] In principio sta la Tradizione; beninteso, la Tradizione divina , non una qualunque tradizione storica e umana che ne usurpi il nome e la dignità. La Sovversione, ispirata da forze infernali fornite di potenza e di intelligenza sovrumana, si propone di sgretolare la Tradizione e giostra alternativamente ora con la Reazione ( cristallizzazione del privilegio), ora con la Rivoluzione ( dissolvimentodegli argini). […] In che modo, allora, si supera questo vano duello senza termine e senza costrutto? Non certo con la “Contro-Rivoluzione” (sinonimo di Reazione) ma superando i due poli alterni e intermittenti dello stesso fenomeno ed avverando la Restaurazione del mondo primitivo e integrale. Cristo – spiegano i Dottori Vittorini, discepoli e amici di S. Bernardo – interviene dopo l’ Opus creationis del Padre e dopo la caduta cosmica per riparare con l’ Opus restaurationis ».
Davanti a queste parole, tutti i discorsi e le azioni operati per contrastare la parte rivoluzionaria, appaiono, ad essere gentili, maldestri e innocui. Essi, anzi, come scrive bene Panunzio, sono anch’essi strumenti nelle mani delle forze della Sovversione. Comprendere questo e da questa verità lasciarsi bagnare significa probabilmente andare in frantumi e vedere, chiara come una giornata di sole, l’illusione che si è alimentata senza saperlo. “Meglio dunque restare saldi nelle roccaforti dove abbiamo trovato asilo”, pensano i molti. Sì, perché uno dei bisogni più istintivi dell’uomo è quello di trovare una casa in cui sentirsi al sicuro, in cui sentirsi amato. Una casa i cui confini delimitano con precisione quale sia il bene e quale il male. Mentre là fuori, nei campi aperti, dove si è in balia delle intemperie e degli agguati, si è soli e indifesi. Ma è solo la fuori che troverete i veri cercatori di verità, i sapienti. E Panunzio è uno fra quelli.
Risuonano allora sempre più potenti e attuali le parole del Divin Maestro: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8).
Fede che significa essere inserito nella traiettoria del Cristo-Vita. Fede che si manifesta nell’essere disponibile alla voce della Verità che può giungere da ogni parte e in ogni momento; celata in Segni che vanno saputi decifrare per intenderne il senso profondo. Verità che può mandare all’aria tutte le nostre convinzioni passate ma verso cui ci tendiamo fiduciosi perché essa ci prepara ad un Bene più grande. Fede che significa osservare con occhio benedicente ogni piccolo manifestarsi della Vita negli altri ed essere a propria volta sorgenti di Vita. Fede che significa essere dei cercatori di Verità e nulla al di sopra desiderare. In qualunque luogo essa ci conduca. Fede che significa non temere di attraversare la solitudine, perché ogni anima che si desta non può non attraversarla;Comunione .
Il cammino di Quaresima inizia dal deserto, dal luogo solitario ( érēmos ), luogo in cui si è messi alla prova per passare dalla dimensione esistenziale e materiale a quella immateriale e animica, simboleggiata nel Vangelo di Marco con il passaggio dalle fiere ( uomini carnali) agli angeli (anime).
I pensieri e gli atteggiamenti reazionari denotano in fin dei conti un ancoraggio alla dimensione esistenziale, il bisogno di appartenere ad una casa, la sicurezza che ci dà lo sguardo fisso al passato – di cui però si comprende solo il significato corticale – e la paura del nuovo che Dio ci vuole svelare poco a poco, in vista della Restaurazione finale; la paura della Verità tutta intera, senza compromessi che supera i tempi e gli spazi fino a mostrarci l’ineffabile profondità di amore del Figlio dell’Altissimo, di quel Gesù che sta per donare ai suoi figli il Vangelo Eterno (Ap 14,6) che da sempre aveva preparato.
Nel cammino di rinascita verso la Pasqua vorremmo allora esternare un invito a liberarci da ogni paura, a divenire cercatori di Verità iniziando col prestare ascolto ai veri sapienti – e Panunzio lo è – e lasciare disperdere fra le sabbie del deserto le voci di tanti, troppi pensatori che impastano le loro teorie e le loro affascinanti parole con il proprio ego, mancando completamente del sale della Sapienza. Oggi, dinanzi a questo sciagurato impoverimento umano e intellettuale, l’umanità ne ha un enorme bisogno. E la Creazione tutta lo attende in attesa del Nuovo Principio.
Davanti al tremore che questo cammino ci scatena, davanti allo sgomento per la possibile perdita temporanea di una identità costruita negli anni, valgono, più di tutte, le dolcissime parole del Cristo: «non temete».
Fonte: Idee&Azione
24 febbraio 2023
