di Massimo Selis
Negli ultimi anni Tolkien è divenuto nuovamente oggetto di studio o di interesse per un vasto pubblico, ma esso ha anche coperto un “vuoto di immaginario” in quel variegato universo di coloro che si definiscono “fedeli ai valori tradizionali”, tra cui si annovera anche una parte dei cristiani. L’eterna lotta fra Bene e Male, la Provvidenza, il viaggio, l’eroismo, il sacrificio, la lealtà, l’amicizia profonda, la purezza, sono alcuni degli elementi che danno forma all’opera dello scrittore inglese. Tutti elementi che sono, se non proprio scomparsi, quantomeno invisi e lasciati ai margini dalla società attuale.
Ma tra apprezzare, analizzare, e comprendere per poi dare forma all’ordito della propria vita, ahimè ce ne corre. Perché non vi può essere alcun vero recupero della bellezza del sacrificio, della purezza dell’animo, del coraggio eroico se non si accetta di lasciare ciò che si ama, anche alcune delle proprie idee. Se non si accetta che, anche se si farà ritorno, non saremo più gli stessi. Perché il viaggio stesso avrà mutato il nostro essere. È questo, in realtà, l’esplicitarsi della vita, il tragitto di un’anima. Ma noi dell’anima non sappiamo più dir nulla e per questo non comprendiamo più il vero scopo del viaggio. Appariamo come annoiati o famelici turisti che distrattamente vagano per rosicchiare un po’ di posto, un po’ di fama, un po’ di piacere, un po’ di tranquillità su questa aiuola che ci ospita. Ma non siamo più dei viaggiatori.
«Cerco qualcuno con cui condividere un’avventura che sto organizzando ed è molto difficile trovarlo».
«Lo credo bene, da queste parti! Siamo gente tranquilla e alla buona e non sappiamo che farcene delle avventure. Brutte fastidiose scomode cose! Fanno far tardi a cena! Non riesco a capire cosa ci si trovi di bello!».
Così Tolkien descrive l’incontro fra Gandalf e Bilbo nelle prime pagine de Lo Hobbit.
Ecco, in fondo, noi siamo un po’ tutti come Bilbo Baggins. Non amiamo che qualcuno si presenti all’improvviso davanti alla porta di casa per proporci strane avventure.
Però, non sarebbe nemmeno necessario scomodare la Sapienza Tradizionale, o avere la capacità di leggere i Segni dei Tempi riconoscendone la “qualità” escatologica, per evidenziare come tutto si stia sgretolando davanti ai nostri occhi e che il mondo come lo abbiamo conosciuto non potrà mai più tornare. Eppure…
Eppure vogliamo restare comodi fra le nostre quattro mura, fra le nostre abitudini.
Alcuni criticano – e vi è certo molta ragione – la sempre più inclinata deriva transumanista con tutti i suoi accessori ideologici, antropologici e di devastazione sociale.
Alcuni criticano – e anche in questo caso c’è molta ragione – l’impoverimento intellettuale che ha offuscato il pensiero critico, lo scientismo che si fa sempre più nemico dell’uomo, lo sbandamento e la fiacchezza spirituali.
Tuttavia si resta quasi sempre ad un’analisi di superficie, che rimane assai lontana dallo sfiorare il cuore del problema. E come sempre accade, quando si scambia una parte per il tutto, si finisce per cadere in tragici errori.
In fondo sembriamo desiderosi solamente di una cosa: di essere lasciati in pace come il signor Bilbo. Da una parte le forze “oscure” che vogliono spegnere gli ultimi bagliori di civiltà, dall’altra noi che lottiamo per conservarli, per “restare saldi” e denunciare questa china sempre più pericolosa. Ma mai, davvero mai, che ci venisse il dubbio che anche noi siamo responsabili di quanto sta accadendo e che la strada non è quella della semplice “conservazione”, semmai quella della “conservazione rivoluzionaria”. Del vero cambiamento.
Ma operare in tal senso chiede una cosa: accettare la crisi, uscire dal guscio e mettersi in gioco. Perché tutto ha da essere rinnovato.
Ecco che allora non si può non evidenziare con grande tristezza che il male avanza non solo per la diretta azione di coloro che lo propagano, ma anche per la pigrizia di tutti coloro che vogliono solamente essere lasciati in pace lì dove sono, perché in fondo sono già “giusti”. A guardare solo fuori di noi si è perduta completamente la disponibilità a guardarsi dentro e, di rimando, a guardare in Alto, là da dove giungono Segni sempre più evidenti, ma per noi totalmente incomprensibili. Segni che ci chiamano a lasciare la tranquillità della nostra casa.
E così, quella che sta svanendo, è, tragicamente, la Vita.
Si chiederebbe poco, in realtà: l’abbandono delle paure per la novità, per ciò che ancora non si riesce a comprendere. Un sussulto, uno slancio. Invece tutto si sta conformando al già detto, al pensiero rassicurante, alla mediocrità confusa per buon senso.
La Quaresima può essere allora un tempo in cui riuscire a fermarsi per ascoltare anche quelle voci che ci “disturbano”, che chiedono a noi di fare la nostra parte, che chiedono lo sforzo della salita.
Che chiedono di mettersi in gioco, perché la Vita non scompaia.
Fonte: Idee&Azione
28 febbraio 2023
