(MA ANCHE NEL CONIO DI UNA MONETA IMPERIALE PLANETARIA)
A cura di M.Blondet
La finanza è una sovrastruttura rispetto all’economia produttiva. La vertigine della speculazione finanziaria ormai non è più sostenibile perché ha raggiunto picchi al tal punto stratosferici che le élite ne temono la caduta vertiginosa. Le stesse élite finanziarie temono però anche che per uscire da questo abisso sia scelta la via inflattiva. Ciò che, infatti, potrebbe salvare l’umanità dall’apocalisse finanziaria è l’inflazione. Essa è segno di circolazione della moneta nell’economia reale e quindi di vitalità del sistema produttivo. Un sistema produttivo vitale è in grado di ripagare il debito accumulato. Una volta saldati i debiti, con un po’ di politica accortezza, si potrebbero porre le basi per una riforma globale del sistema finanziario in modo da tagliare alla radice il male della speculazione. Gli strumenti ci sono e sono già stati sperimentati in passato, ad iniziare da norme come il Glass Steagall Act statunitense del 1933 o la Legge bancaria italiana del 1936. Si tratta solo di aggiornare, alla nuova dimensione digitale, dette normative riprendendone lo spirito volto a proteggere l’economia produttiva dai falchi della speculazione finanziaria.
Se tenuta sotto controllo, in limiti sostenibili, e guidata verso obiettivi di produttività, l’inflazione non è un male. Essa, infatti, lungi dal dipendere dalla quantità di liquidità immessa in circolazione, ha cause plurime e diverse. Una delle quali è lo squilibrio tra domanda ed offerta. La tesi che considera la moneta una merce è errata tanto storicamente quanto economicamente. La moneta non è una merce sicché essa non perde valore, che nel suo caso è il potere d’acquisto, quando ce ne è troppa – così infatti accade per le merci – ma quando allo stimolo da essa indotto alla domanda, perché chi possieda moneta tende a spenderla, non corrisponde una offerta adeguata. Solo quando si crea uno squilibrio tra domanda ed offerta si corre il rischio dell’iper-inflazione con distruzione del potere d’acquisto. Questa distruzione, tuttavia, non avviene per deprezzamento di un presunto valore intrinseco della moneta – che quella moderna cartacea o digitale ha men che mai – bensì per l’aumento dei prezzi causato dalla rarefazione dei beni sul mercato a fronte di una alta domanda stimolata da una grande disponibilità di moneta.
Il fatto rilevante, al fine di comprendere i timori attuali dell’élite finanziaria, è però un altro. L’inflazione, mentre avvantaggia i debitori, è uno svantaggio per i creditori, perché riduce il valore dei loro asset monetari e quasi-monetari ossia creditizi.
Per questo le élite finanziarie, i grandi speculatori globali, hanno indotto governi e parlamenti, in genere ignari dei meccanismi finanziari, al blocco deflattivo dell’economia produttiva.

