di Vincenzo Di Maio
Ciò che rende l’uomo libero non è l’attenersi scrupolosamente alle leggi ma è il rendersi consapevole delle leggi per conoscere in coscienza quali sono le leggi che non permettono di esercitare la propria coerenza valoriale, e nel tal caso di infrangerle queste leggi in nome di un bene superiore determinato dall’etica, dalla morale e dalla spiritualità che si esercita in nome del Popolo, del Cielo e di Dio.
La libertà, infatti, è la conquista graduale dei propri talenti nell’ordine di superare tutti gli ostacoli interiori all’ottenimento di risultati esteriori e di vantaggi ulteriori vincendo i propri limiti, paure e incertezze secondo le regole determinate dalla società tradizionale. Questa è la libertà in senso assoluto. In senso relativo è etimologicamente rilevante il significato risalente al latino di Liberti, ossia i barbari e gli schiavi che venivano inscritti nel libro dei cittadini romani e che quindi accettavano i diritti e i doveri della cittadinanza. Altri significati non esistono se non frutto di deviazioni perverse rintracciabili nel concetto satanista di fa ciò che vuoi senza né amore né l’accettazione dei condizionamenti di Dio e di ogni sua manifestazione.
La vera libertà non significa fare ciò che ti pare ma significa seguire le norme etiche morali e spirituali della tradizione di una comunità locale di qualsiasi natura. Altra questione invece è la liberazione ossia l’azione collettiva di rendersi Liberti ad opera della cacciata di un soggetto estraneo oppressore o di più soggetti tiranni.

