Più 8% di inflazione (+8,6 nella media europea) significa uno stipendio o una pensione l’anno in meno, per chi ha la “fortuna” di avere un lavoro pagato secondo contratto (che non vuol dire assolutamente “ben pagato”, anzi…).
Dunque occuparsi di questo problema è indispensabile dal punto di vista dei lavoratori dipendenti, pensionati, disoccupati, e persino dei percettori di reddito di cittadinanza. Meno soldi significa meno acquisti, vita più povera, cibo peggiore e in quantità minori, rinuncia alle cure mediche, ecc.
Capire di chi sono le responsabilità principali significa non solo identificare l’avversario, ma anche comprendere come si generano certi fenomeni disastrosi e quindi immaginari soluzioni sistemiche in grado di prevenirli.
Questa ondata inflazionistica, secondo i difensori acefali del sistema neoliberista dominante da 30 anni, va addebitata alla Russia di Putin, che avrebbe acceso la miccia sotto i prezzi di gas e petrolio, oltre che di altre materie prime alimentari e non.
Il peggiore dei presidenti del consiglio possibili – l’ex banchiere centrale Mario Draghi – per sostenere questa versione è arrivato a giustificare l’invio di armi all’Ucraina con una fesseria inimmaginabile come “volete la pace o i condizionatori?” (da sempre, se si vuole la pace – e dunque anche poter usare i condizionatori senza spendere un patrimonio – si invoca il cessate il fuoco e un tavolo di negoziato, senza inviare altre armi e varare sanzioni, che semplicemente prolungano la guerra e ricadono simmetricamente anche su chi le ha volute).
Qualcuno, pensando che magari cerchiamo solo l’ennesimo pretesto per chiamare sul banco degli imputati il premier eletto da nessuno, dirà: “ma che c’entra Draghi con l’attuale inflazione?”.
Ce lo spiega con la consueta chiarezza Guido Salerno Aletta su Milano Finanza, dal titolo “Gli errori di Jerome e Christine”, ovvero del presidente della Federal Reserve Usa, Powell, e della sua omologa alla Bca, Lagarde. Due banchieri centrali che attualmente devono “correggere la rotta” dei propri istituti dopo aver seguito per anni la stessa strategia inaugurata… propria da Mario Draghi nei suoi otto anni da presidente della Bce.
In estrema sintesi – rinviando all’articolo integralmente riportato qui di seguito – Fed e Bce hanno immesso nei mercati finanziari troppa liquidità monetaria e per troppo tempo. Ma soprattutto lo hanno fatto per mantenere in piedi un meccanismo folle che “batteva in testa” già all’inizio del nuovo millennio (ricordiamo la “bolla della net economy”, nel 2001, seguita subito dopo da quella mutui subprime, nel 2007).
Un meccanismo che premiava l’economia “di carta” – la speculazione finanziaria, appunto – e sottraeva liquidità all’economia reale, quella che ci fornisce effettivamente i beni (materiali e “immateriali”) che sono indispensabili per vivere.
Quel meccanismo era potuto ingigantirsi a partire dall’abolizione del “Glass-Steagall Act” – una legge post-crisi del 1929 che imponeva la separazione assoluta tra banca d’affari (speculativa) e banca commerciale (quella che raccoglie risparmio ed eroga prestiti a famiglie e imprese).
Un “regalo” di Bill Clinton ai suoi migliori amici (le banche d’affari, appunto), che hanno così potuto far partire le più colossali operazioni speculative mai viste nella storia umana, creando una lunga serie di “bolle finanziarie” tutte inevitabilmente destinate ad esplodere.
Tanto, le conseguenze di quelle esplosioni potevano e dovevano essere “riparate” con l’intervento degli Stati, che così venivano così obbligati a destinare quote crescenti dei debito pubblico a tale scopo, sottraendo al tempo stesso risorse sia agli investimenti pubblici che alle politiche sociali.
Oltre 10 anni di “immissioni di liquidità” hanno avuto conseguenze mostruose, come i rendimenti negativi sui prestiti di denaro (un controsenso, in qualsiasi sistema economico, anche pre-capitalistico).
Nell’Eurozona – i paesi dell’Unione Europea che hanno adottato l’euro – le conseguenze mostruose hanno riguardato direttamente gli Stati, grazie alla dabbenaggine con cui erano stati accettati una serie di trattati-capestro.
Fare la stessa politica monetaria in presenza di paesi con economie e situazioni finanziarie molto diverse – spiega Salerno Aletta – ha comportato che la liquidità in eccesso creata dalla Bce sia andata nella stessa proporzione ovunque, sia là dove era indispensabile (i paesi “Piigs”, con alto debito pubblico e sotto attacco speculativo), sia là dove era inutile.
Con il risultato di consentire a paesi già ricchi (la Germania su tutti, seguita da Olanda e altri presunti “virtuosi”) di rifinanziare per anni il proprio debito pubblico… gratis. Anzi, guadagnandoci anche qualcosa per via dei rendimenti negativi garantiti ai titoli di stato con rating migliore.
L’effetto finale è noto. Paesi come l’Italia, che pure hanno obbedito in tutto e per tutto ai diktat della Troika (Bce, Fmi, UE), inanellando per oltre venti anni un costante avanzo primario (entrate fiscali superiori alla spesa pubblica annuale), non sono riusciti lo stesso a ridurre di una virgola il proprio debito pubblico. E ora, con la fiammata dell’inflazione, si vanno ritrovando nuovamente sotto l’attacco della speculazione finanziaria internazionale.
La quale, già da molto prima dello scoppio della guerra in Ucraina, andava dirigendo i propri capitali in eccesso – la liquidità avuta in regalo, a costo zero, da Fed e Bce -verso asset più remunerativi delle azioni o dei titoli di stato: le merci fisiche, come petrolio, gas, metalli, prodotti agricoli.
Gli errori delle banche centrali, fatti per “salvare i mercati finanziari”, vengono ora fatti pagare alle popolazioni e all’economia reale (mediante recessione). Di questi errori, a partire dal “whatever it takes” Mario Draghi è uno dei principali responsabili.
Prima lo cacciamo da Palazzo Chigi, meglio é.
Fonte: contropiano.org
