di Daniele Perra
Ho appena letto un articolo dal titolo “Aleksandr Dugin e Daria Dugina, padre e figlia sacerdoti di un impero metafisico da costruire sul sangue di un Paese”. La morale finale elaborata dall’autore, uno pseudostorico “esperto di Russia”, è che Daria Dugina la pensava come il padre, dunque, un po se lo meritava di morire. Ho scritto articoli fortemente critici nei confronti del pensiero, della visione strategica e di certe posizioni assunte da Aleksandr Dugin. Una parte del mio libro “Essere e Rivoluzione” (NovaEuropa, 2019), inoltre, mette in evidenza alcune palesi contraddizioni presenti nel suo pensiero. Non posso di certo essere additato come “duginista”. Tuttavia, mi sono fissato un limite al livello di stupidaggini che posso leggere giornalmente. Nell’articoletto si legge: “La distruzione dell’Ucraina è da sempre parte dell’armamentario programmatico duginiano. Già in Osnovy geopolityki si scriveva che l’Ucraina come Stato non ha nessun senso geopolitico: non ha nessuna cultura di significato, non è unica dal punto di vista geografico, non lo è dal punto di vista etnico”. Dugin afferma che l’Ucraina non ha nessun senso geopolitico. Qui si sbaglia. Un senso ce l’ha eccome, soprattutto per l’Occidente. Dugin afferma che l’Ucraina non ha alcuna cultura di significato. Taras Shevchenko scriveva in russo e utilizzava la lingua ucraina solo per i suoi versi poetici. Gogol scriveva in russo arricchendolo di espressioni dialettali della Malorossia (le regioni centro-settentrionali dell’attuale Ucraina). Nikolai Kostomarov parlava di due differenti nazionalità russe (Grande Russia e Piccola Russia) e pur criticando il collettivismo autocratico della Grande Russia moscovita contro le tendenze liberali e individualiste della Piccola Russia di Kiev rimaneva all’interno di una prospettiva panrussa. Sorvolo per carità di Dio sui padri del nazionalismo ucraino (i vari Dontsov, Bandera e così via) visto che, a loro confronto, Dugin potrebbe apparire come il più moderato dei democristiani. Dugin afferma che l’Ucraina non è unica dal punto di vista geografico. L’Ucraina, di fatto, non è una mai stata una realtà geopolitica unitaria e molte delle ragioni dell’attuale conflitto dipendono proprio da questo. Esistono almeno quattro Ucraine differenti: quella occidentale influenzata culturalmente dall’Europa centrale; quello orientale profondamente russa; quella centrale in cui l’influenza delle componenti orientali e occidentali si mescola ed entrambe cercano alternativamente di avere la meglio l’una sull’altra; quella meridionale (la Novorossia) culturalmente assai affine alla parte orientale. Dugin afferma che non è unitaria sul piano etnico e non si capisce come si potrebbe dargli torto vista la presenza di russi, greci, turchi, magiari e così via. Non lo è neanche sul piano religioso vista la presenza di cristiani ortodossi e cattolici, di ebrei e musulmani.
Lo stesso nome “Ucraina” nasce dalla prospettiva geografica russa. Il termine, in russo antico, indica infatti la “periferia”, ciò che sta ai confini. Gli “ucraini” erano le guardie di frontiera.
Accusare Dugin di voler attuare una sorta di genocidio nei confronti degli ucraini è totalmente privo di senso visto che secondo la prospettiva eurasiatista i popoli che abitano lo spazio russo sono tutti in egual modo fratelli. Il celebre invito “uccidere, uccidere, uccidere” che lo privò della cattedra universitaria nel 2014 non era di certo rivolto al popolo ucraino nella sua interezza ma semplicemente alle bande di miliziani che hanno attuato operazioni di pulizia etnica nel Donbass. Leggere i rapporti dell’OSCE sui crimini di guerra compiuti dalle forze di sicurezza ucraine, in questo senso, potrebbe essere illuminante. In essi, ad esempio, si legge che uno dei principali sistemi con i quali si terrorizzava la popolazione (colpevole esclusivamente di essere russofona) era la minaccia “vi diamo in pasto al Battaglione Azov e Pravy Sektor”.
A Daria Dugina, inoltre, viene rinfacciato di aver recentemente compiuto un viaggio in Novorossia (faceva l’inviata di guerra) e di aver scritto su questo viaggio “parole deliranti”. Leggiamo queste “parole deliranti”: “Il viaggio in Novorossia mi ha fatto tornare alle basi della filosofia […] Per me è stato importante vedere questa autenticità che oggi non c’è nelle nostre capitali impolverate […] Bisogna andarci in Novorossia, per capire cosa è la vita, come bisogna vivere, cos’è il respiro dell’impero e cos’è l’impero”. Sognare l’impero come entità geopolitica unitaria di fronte ai reiterati tentativi occidentali di smantellare la Russia (si parla con sempre maggiore insistenza di decolonizzazione dello spazio russo) sembra essere una ragione sufficiente per giustificare un assassinio.
Le forze di sicurezza russe affermano che ad uccidere Daria Dugina sia stata una donna ucraina affiliata al battaglione Azov infiltrata in Russia (tesi comunque da prendere col beneficio del dubbio). Ho già sottolineato nel mio articolo “Prometeismo e atlantismo” (pubblicato sul sito informatico di “Eurasia”), come l’attuale ideologa del movimento azovita (Olena Semenyaka) fosse stata in passato legata allo stesso Dugin (naturalmente fino al 2014). Un suo saggio venne inserito all’interno dell’antologia duginiana “Alla ricerca del logos oscuro”. Indubbiamente, uno dei maggiori problemi del duginismo è quello di aver creato veri e propri “mostri” che, spesso e volentieri, si sono rivelati come “cavalli di troia” dell’atlantismo. La Semenyaka è uno di loro visto che la sua progettualità geopolitica di rivitalizzazione in salsa ucraino-messianica del prometeismo polacco del primo 900, del blocco intermarium anti-russo, è solo una estremizzazione dell’Iniziativa atlantista Tre Mari volta a creare un cordone sanitario ai confini occidentali della Russia. Tra l’altro, la confusione ideologica regna sovrana nel mondo azovita visto che la casa editrice affiliata al movimento (Plomin) ha pure pubblicato opere di Franco Freda (forse ignari della simpatia che l’editore militante italiano ha espresso a più riprese nei confronti di Vladimir Putin). Ma questo è un altro discorso.
