a cura di Mario Luigi Blandino
Un uomo di buon animo e mosso dai più buoni propositi ebbe la sventurata idea di convertire un serpente ai principi di compassione, amorevolezza e benevolenza.
Ma la cosa ancor più sventurata fu che il sant’uomo riuscì nel suo intento.
L’anno seguente, per caso, incontrò il rettile.
Lo stupore che colse l’uomo fu immenso.
Stentava a riconoscere il serpente da quanto si era trasformato: pieno di sfregi, ammaccato, sfibrato. Irriconoscibile!
«Ma che cosa ti è successo, fratello serpente?» chiese l’uomo dai buoni propositi.
«Dal momento in cui mi hai convinto ad assumere un atteggiamento benevolo ho perso il rispetto di ogni creatura. Nessuno mi teme più. Sono diventato lo scherno del bosco: mi prendono a zoccolate, mi strapazzano per gioco. Solo pochi animali mi capiscono. Bell’affare barattare ciò che ero con la premurosa benevolenza verso chicchessia!».
Dopo le parole del serpente, l’uomo pio fu colto da un’illuminazione di buon senso.
«Hai ragione, caro rettile! Mettere a freno le impennate dell’aggressività e la smodatezza dell’ambizione non significa immolarsi, ma moderarsi, agire con equilibrio e misura. Con eccessi di bontà e virtù ci si espone alla gogna; significa risvegliare le tendenze negative già presenti, ma sonnecchianti, negli altri. Compassione non implica il dover subire sempre e comunque, a oltranza. Benevolenza non comporta l’essere costretti a tollerare abusi e soprusi. Amorevolezza non corrisponde a martirio. Ti ringrazio di avermelo fatto comprendere. E ti chiedo perdono. Avrei dovuto semplicemente dirti: moderazione!».
Da quel giorno il serpente tirò su la testa: ammoniva chi tentava di annientarlo, mostrandogli, senza titubanze, a quali pericoli andava incontro.
Senza ricorrere a modi estremi, elesse come sue guide la moderazione e la fermezza.
Ovvero ciò che aveva sempre seguito prima del suo incontro con l’uomo dai buoni propositi.
