di Salvatore Brizzi
Ieri mattina, come tutte le mattine, ho scritto un tweet sul mio profilo Twitter, che questa volta verteva sul tema dell’intelligenza artificiale:
“Ho letto che si stanno finanziando ricerche per rendere l’uomo immortale grazie al mental uploading, il trasferimento dei ricordi dalla mente a un hardware. Non tengono conto della sensazione di esserci. Anche se trasferiscono i miei ricordi non possono trasferire l’io, ciò che io veramente sono.”
In un tweet si hanno a disposizione solo poche righe, per cui vorrei approfondire in questa sede almeno un aspetto di quanto ho detto.
Le immagini e i ricordi sono una cosa, la sensazione di esserci e di essere vivi (ciò che chiamiamo io) è un’altra cosa. Finché si fa confusione su questo punto, si continuerà a credere di poter trasferire un essere umano dentro un pc, oppure a credere che un pc possa diventare davvero intelligente come un essere umano.
L’io, cioè l’autocoscienza, ossia l’anima di cui si parla nelle religioni, è l’unico ente davvero immortale, mentre il corpo e la mente sono unicamente dei “supporti esterni” che servono all’anima per manifestarsi e comunicare nel suo ambiente. Talune tradizioni spirituali sostengono che sia proprio questo ente a reincarnarsi, rimanendo sempre lo stesso in ogni vita, mentre ogni volta cambiano i suoi supporti esterni.
Non dico queste cose per una sorta di convinzione filosofica, bensì perché VIVO chiaramente a ogni istante la netta differenza che passa fra “ciò che io sono” – e che è già immortale, senza alcun bisogno d’un supporto elettronico – e Salvatore Brizzi… con i suoi pensieri, le sue emozioni e il suo corpo, cioè i suoi aspetti mortali. Chi percorre un sentiero spirituale fino alle sue estreme conseguenze, può giungere a sperimentare la stessa cosa. (Ultimamente parlo poco di Alchimia… ma a me ha salvato la vita)
Gli scienziati affermano che la coscienza sia un epifenomeno della materia, il che equivale a dire che non sanno né cosa è né in che modo “emerge” dal cervello. Dove mancano le idee, s’offrono parole – diceva Goethe.
In verità l’io è lo schermo su cui scorrono tutte le immagini, i pensieri, i ricordi; se esistessero solo questi ultimi… non ci sarebbe nessuno a esserne cosciente.
Visto il grande dispiegamento di studiosi e denaro operato da magnati del calibro di Elon Musk, probabilmente un giorno si arriverà a fare l’upload di tutti i contenuti d’una mente umana dentro un robot, ma questo non trasferirà nel robot anche “me”, cioè il mio senso di esistere.
L’accostamento che viene spesso fatto fra cervello/hardware e coscienza/software non ha alcun senso, perché il software è comunque anch’esso solo una macchina che elabora dei dati secondo algoritmi, ma non vive, non sa di essere.
La tragedia non consiste nel progetto in sé, bensì nel fatto che molti scienziati e molti intellettuali (per fortuna non tutti), così come gli imprenditori che li finanziano, non riescano a percepire dentro di sé questa differenza fra il loro senso di esistere e i ricordi immagazzinati nel cervello. Dove può giungere una scienza guidata da personaggi del genere? A voi le conclusioni.
