di Andrew Korybko
Gli osservatori devono accettare questa conclusione oggettiva, indipendentemente dai loro sentimenti sulle esercitazioni militari congiunte con gli Stati Uniti o sulla posizione nei confronti del conflitto del Kashmir, perché in caso contrario produrranno inevitabilmente valutazioni imprecise della grande strategia indiana, faticando così a prevedere i processi multipolari.
La scorsa settimana, durante una conferenza stampa, il ministro degli Esteri russo Lavrov ha elogiato l’India per aver rifiutato di unirsi alle alleanze degli Stati Uniti contro il suo Paese e la Cina. Secondo il ministro, “volevano attirare l’India nelle loro alleanze anti-Cina e anti-Russia, ma l’India si è rifiutata di aderire a qualsiasi alleanza formata come un blocco politico-militare. Nuova Delhi partecipa solo a progetti economici offerti nel contesto delle strategie indo-pacifiche”. Si tratta di una valutazione accurata che verrà ora analizzata brevemente.
Fino all’ultima fase del conflitto ucraino, scoppiata all’inizio di quest’anno, non era chiaro agli osservatori occasionali se l’India avesse la volontà politica di mantenere le sue decennali relazioni strategiche con la Russia sotto la massima pressione occidentale. Nell’ultimo mezzo decennio, questo Stato dell’Asia meridionale aveva instaurato con successo le proprie relazioni strategiche con gli Stati Uniti, spinti dal desiderio comune di gestire l’ascesa della Cina; ne consegue che esisteva una base credibile per imporre all’America una scelta a somma zero.
Ciò che alla fine si è verificato ha colto tutti di sorpresa, dopo che l’India non solo ha respinto le pressioni senza precedenti degli Stati Uniti per scaricare la Russia, ma ha ampliato in modo completo le loro relazioni strategiche in piena sfida alle richieste di quell’egemone unipolare in declino. Allo stesso tempo, i suoi strateghi hanno saputo bilanciare magistralmente tra il miliardo d’oro dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti e la maggioranza globale guidata dai BRICS e dalla SCO, di cui il loro Paese è oggi la voce, per diventare il kingmaker della nuova guerra fredda.
Questo risultato geostrategico non sarebbe stato possibile se l’India avesse accettato di unirsi a una delle due alleanze statunitensi volte a ritardare indefinitamente la transizione sistemica globale verso il multipolarismo. Nonostante i suoi complicati legami con la Cina, l’India ha saggiamente evitato la trappola che gli Stati Uniti le stavano tendendo, secondo la quale Delhi sarebbe diventata il proxy di Washington contro Pechino fino all’ultimo indiano. Allo stesso modo, si è rifiutata di fare qualcosa che andasse a scapito degli interessi del suo partner strategico russo.
Gli ultimi nove mesi hanno indiscutibilmente dimostrato che l’India è davvero un attore indipendente nella transizione sistemica globale, esattamente come il Presidente Putin l’ha elogiata a fine ottobre. Gli osservatori devono accettare questa conclusione oggettiva, a prescindere dai loro sentimenti sulle esercitazioni militari congiunte con gli Stati Uniti o sulla posizione nei confronti del conflitto del Kashmir, perché in caso contrario produrranno inevitabilmente valutazioni imprecise della grande strategia indiana, faticando così a prevedere i processi multipolari.
Pubblicato in partnership su One World – Korybko Substack
Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini
Fonte: Idee&Azione
4 dicembre 2022
