di Ilham Mounssif
Siamo tutti distratti da questi inediti mondiali di calcio, al punto da ignorare quello che senza indugi può esser considerato l’incontro più importante dell’anno. Proprio come il Marocco con i suoi straordinari risultati a Doha unisce il mondo arabo sotto la sua trionfante bandiera rossa, anche Xi in Arabia ha messo insieme leader dell’intero Medio Oriente.
La visita più attesa dell’anno: Xi in Arabia Saudita
La visita ufficiale del presidente cinese Xi Jinping in Arabia Saudita ha avuto luogo in questi giorni (7 – 9 Dicembre) su invito del re Salman Bin Abdulaziz Al Saud. Al tanto atteso evento ha partecipato anche il principe ereditario Mohammed bin Salman.
L’incontro è stato incentrato sullo sviluppo di una partnership strategica tra i due Paesi, le cui basi son state gettate in occasione della prima volta di Xi a Riyadh, nel 2016. Questo partenariato ben si sposa con la Saudi Vision 2030 , il programma di sviluppo economico volto a ridurre la dipendenza del Paese arabo dal petrolio, a diversificare l’economia e a sviluppare vari settori dei servizi pubblici.
L’agenda del viaggio di Xi in Arabia Saudita ha incluso anche il vertice arabo Golfo-Cina per la cooperazione e lo sviluppo. Tante strette di mano a Xi, con i leader dei paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG) che comprende Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Non solo, Xi ha tenuto colloqui bilaterali con gli omologhi di Egitto, Palestina, Sudan ed Iraq. E chi non era presente fisicamente al Summit, ne ha tessuto le lodi telefonicamente. Come il Re del Marocco Mohammed VI, che ha anche invitato Xi a rafforzare e consolidare le relazioni di cooperazione tra le due parti in un’ampia gamma di settori.
Non solo Xi. Il vicepremier Hu Chunhua è in visita negli Emirati Arabi Uniti e nei prossimi giorni si recherà in Iran.
Insomma, le mille e una notte per la Cina dal crescente interesse per la regione. La visita a Riyadh di Xi è ulteriore segnale della svolta storica delle relazioni internazionali, dove l’Occidente, a guida USA, ne è sempre meno il perno.
Tensioni con USA: il problema comune
La visita di Xi avviene in un momento di tensioni tra paesi del Golfo e Washington. La stessa accoglienza fatta a Xi, in pompa magna con tutti gli onori, stride fortemente con il freddo benvenuto riservato a Biden l’estate scorsa.
Riyadh e Pechino, dunque, hanno oggi in comune i rapporti non sereni con gli americani. Tali tensioni hanno tuttavia natura e dimensioni ben diverse.
Affronto geopolitico e sistemico
La Cina ha ben molto di più in gioco, si parla di competizione sistemica. Con gli Stati Uniti i rapporti hanno raggiunto il punto di non ritorno a seguito della visita di Nancy Pelosi a Taiwan all’inizio di agosto. Ricordiamo bene la reazione di condanna di Pechino seguita da esercitazioni militari su larga scala nelle vicinanze di Taiwan. A seguire, si è innescato un tran tran di visite nell’isola da parte dei paesi alleati, tra cui Francia, Giappone. Oltre alle vicende geopolitiche, ci sono lo scontro commerciale e tecnologico che scuote intera economia globale.
Affronto in nome del petrodollaro
Con Riyadh invece, si tratta per lo più di questioni legate a petrolio. Infatti, è stata la decisione all’inizio del mese di ottobre da parte dell’Arabia Saudita – in coordinamento con la Russia nell’ambito dell’OPEC Plus – di tagliare la produzione di petrolio ad aver acuito le tensioni con gli USA. Peraltro, questo lo avevano già preannunciato l’estate scorsa in presenza di Biden. Quest’ultimo ha pubblicamente espresso disappunto, dicendo che percepisce tale mossa saudita come un palese affronto e collusione con Mosca. Inoltre, nel Congresso sono scoppiati appelli bipartisan per fermare l’assistenza alla sicurezza dell’Arabia Saudita. Dal canto suo Riyadh afferma di aver agito solo per puro interesse economico.
Gli effetti di questa decisione non son tardati. Col taglio progressivo della produzione – in barba all’Occidente che per ragioni geopolitiche e tensioni con Russia voleva il contributo arabo – e il conseguente aumento dei prezzi del petrolio, l’Arabia Saudita ha appena registrato un avanzo di bilancio. È la prima volta in quasi 10 anni, forte degli alti prezzi del petrolio. Idem gli altri cinque paesi produttori del Golfo.
La riscossa dei petrodollari ha quindi dato una spinta alle economie della regione, permettendo loro di ridurre il debito e diversificare le loro economie dipendenti dal petrolio in modi molto importanti. Per questo non possono mancare gli investimenti e cooperazione economica, energetica e commerciale con Pechino.
Dal petrodollar al petroyuan?
Va da sé che la questione energetica sia stata il centro dei colloqui tra Xi e la controparte saudita.
Durante il vertice con i paesi del Golfo, Xi ha espresso l’auspicio di un nuovo paradigma per la cooperazione energetica con al centro lo yuan come valuta per il commercio di petrolio e gas. “La Cina continuerà a importare grandi quantità di greggio a lungo termine dai Paesi del CCG e ad acquistare più GNL“, ha dichiarato il presidente cinese. “La piattaforma dello Shanghai Petroleum and Natural Gas Exchange sarà pienamente utilizzata per il regolamento in yuan nel commercio di petrolio e gas“.
Velleità, quelle dell’uso dello yuan, mostrate negli scorsi mesi anche dallo stesso Bin Salman. Tale mossa, in caso di successo, andrà ad indebolire enormemente il dominio globale del dollaro americano.
Accanto all’aumento dei volumi del commercio di greggio tra Arabia e Cina, è stato concepito un quadro di cooperazione energetica su larga scala. In esso si inserisce il progetto del complesso petrolchimico sino-saudita a Gulei, Fujian. Si esploreranno anche opportunità di investimento congiunte nel settore dell’idrogeno, dell’elettricità, dell’energia fotovoltaica, dell’energia eolica e di altre fonti di energia rinnovabile.
Al di là della questione energetica
Buona parte dei 34 accordi firmati da Cina e Arabia Saudita, rientrano nell’ambito energetico. Tuttavia, la cooperazione ha un più ampio respiro nel quadro del forum Cina-CCG, quindi tra Pechino e paesi della regione.
Gli ambiti principali sono:
- In materia di sicurezza, dove Pechino offre di formare 1.500 funzionari di polizia e di cybersicurezza;
- cooperazione spaziale, con Pechino che apre al coinvolgimento arabo nel programma spaziale cinese; si considera istituzione di un forum Cina-CCG per l’esplorazione dello spazio lunare;
- trasversalmente, si avvierà la cooperazione aerospaziale in settori quali il telerilevamento e i satelliti di comunicazione;
- concordata anche l’istituzione di un forum congiunto sull’uso della tecnologia nucleare per scopi pacifici, con la Cina che fornirà formazione in materia;
- discusse anche le opportunità di cooperazione nel campo delle catene di approvvigionamento.
Nel quadro della cooperazione allo sviluppo, Xi ha anche offerto 5 miliardi di yuan (718 milioni di dollari) di aiuti allo sviluppo ai Paesi arabi e di concedere l’accesso esente da dazi ai paesi meno sviluppati della regione. Inoltre, la Cina manderà 500 esperti di agricoltura nella regione per incrementare la produzione alimentare.
Passi importanti anche sul fronte culturale e turismo. Durante incontro con Bin Salman, Xi Jinping ha promesso l’inserimento dell’Arabia Saudita tra le destinazioni per i viaggi di gruppo cinesi e di espandere gli scambi culturali e interpersonali tra le due parti. Questo peraltro conferma le intenzioni di Xi di riaprire progressivamente il paese ai livelli pre-epidemia.
Cooperazione win-win, dunque, come rammenta sempre Pechino, atta a rafforzare la sinergia tra le strategie di sviluppo sino-arabe nel quadro della iniziativa della via della seta.
Dal Medio Oriente al Dragone orientale, questo vertice – come rimarcato da Mohammed VI – è anche un’occasione per ripercorrere i legami storici dell’antica Via della Seta. La rete commerciale che collegava l’Eurasia (Europa e Asia) e il Nord Africa dal secondo secolo fino alla metà del XV secolo e che oggi torna nel panorama delle relazioni politico-commerciali moderne con Xi Jinping.
Linee rosse: sovranità nazionale e non interferenza
La visita a Riyadh e ancor più in vertice sino-arabo riflette il desiderio di stabilire una nuova fase storica nelle loro relazioni.
In essa, Xi si è riassicurata il sostegno alla posizione cinese su questioni sensibili ringraziando gli arabi per il rispetto della sua sovranità e interessi nazionali. Gli arabi infatti rimangono fedeli al principio di una sola Cina.
Con una dichiarazione congiunta del vertice Cina-CCG è stata infatti:
- respinta l’indipendenza di Taiwan
- reiterato il rispetto per gli sforzi di Pechino per mantenere la sicurezza nazionale a Hong Kong
- apprezzati gli importanti sforzi compiuti per l’integrazione e rispetto delle minoranze
Quest’ultimo punto si riferisce chiaramente al trattamento riservato dalla Cina agli uiguri e ai membri di altre minoranze musulmane nello Xinjiang, con una poco celata critica alle accuse occidentali di genocidio – non comprovate – in merito. Bin Salman ha dichiarato esplicitamente infatti che ‘’l’Arabia appoggia le misure e gli sforzi di de-radicalizzazione della Cina, opponendosi fermamente alle interferenze esterne negli affari interni della Cina con il pretesto di proteggere i diritti umani“, come cita la China Central Television.
Xi in Arabia: portatore di pace?
Cina ed Arabia si impegnano a rafforzare la solidarietà tra nazioni e ad ‘’astenersi dall’uso o dalla minaccia di usare la forza nelle relazioni internazionali“.
Pechino ha offerto il suo sostegno agli sforzi arabi per risolvere le crisi in Siria, Libia e Yemen. In quest’ultima l’Arabia Saudita ritiene di svolgere un ruolo importante nel sostenere la lotta contro i ribelli sostenuti dall’Iran.
Xi afferma di voler sostenere le posizioni arabe nella soluzione di questioni di sicurezza nella regione attraverso la solidarietà e la cooperazione. Il presidente cinese ha stressato su importanza di esplorare percorsi di sviluppo dei paesi della regione che rispettino la loro volontà indipendente.
Tuttavia, l’altro attore regionale – antagonista delle potenze arabe del vertice – non ha preso molto bene quanto dichiarato nel summit Cina-CCG.
Tehran irritata
Portare pace in questa regione non sarà facile manco per Xi. Inevitabilmente, data l’importanza delle questioni discusse in materia di sicurezza e stabilità della regione, il summit sino-arabo ha causato malumori in Iran.
Tehran è stata irritata proprio dalla dichiarazione congiunta del Consiglio di cooperazione del Golfo Persico (CCG) e Cina. In essa hanno chiesto una soluzione alla questione delle tre isole Abu Musa, Tunb minore e Tunb maggiore, strategicamente situate nel Golfo Persico. Il problema è che invitare ad una soluzione significa reiterare la necessità di negoziare su una vicenda che dal canto suo l’Iran considera non negoziabile. La vicenda è da tempo fonte di tensioni diplomatiche tra l’Iran e il CCG, in particolare gli Emirati Arabi Uniti (EAU). Entrambe le parti hanno rivendicazioni sulle stesse.
La Cina applaudendo a queste dichiarazioni è come se si fosse apertamente schierata nella disputa. E la reazione iraniana è arrivata dalle alte sfere diplomatiche e pare che l’ambasciatore cinese in Iran Chang Hua sia stato convocato al ministero degli Esteri per chiarimenti sulla dichiarazione congiunta del vertice CCG-Cina in Arabia Saudita.
Mohammad Jamshidi, vicecapo di gabinetto per gli affari politici del presidente iraniano, si è rivolto alla Cina con un tweet molti diretto: “Un promemoria per i colleghi di Pechino. Mentre l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti hanno sostenuto l’ISIS/Al-Qaeda in Siria e hanno brutalizzato lo Yemen, l’Iran ha combattuto i gruppi terroristici per ripristinare la stabilità e la sicurezza della regione e per prevenire la diffusione dell’insicurezza sia in Oriente che in Occidente“.
Una questione molto delicata che pone Xi in una situazione difficile, data importanza anche delle relazioni con l’Iran, paese presto membro di importanti forum di grande interesse cinese come la Shanghai Cooperation Organization.
Pechino sostituirà il ruolo di Washington?
Una intricata rete di interessi, conflitti e rivalità regionali quella dove la Cina deve riuscire a muoversi scientemente. Ponderarsi diplomaticamente tra gli eterni acerrimi nemici Tehran-Riyadh non sarà facile.
Una rivalità che gli Stati Uniti hanno strumentalizzato tatticamente per decenni su cui oggi però perdono inesorabilmente influenza. La Cina, tuttavia, non è in grado ne intende sostituire il ruolo decennale di Washington nel Golfo, che continua ad esser importante per la pace e sicurezza dei paesi arabi. Questi ultimi lamentano anzi la scarsa risposta della Casa Bianca a una serie di attacchi terroristici da parte di proxy iraniani contro infrastrutture energetiche critiche e centri civili e finanziari.
Considerando che Teheran è ora più vicina a ultimare il suo deterrente nucleare, gli arabi sono ansiosi di vedere un impegno concreto da parte dell’amministrazione Biden in risposta alle loro preoccupazioni. Invece questa si occupa di problemi come la libertà politica, lgbt e i diritti umani, come dimostrato anche nelle attuali proteste iraniane.
Non solo. Come in Europa, Washington cerca di limitare e condizionare i rapporti degli arabi con la Cina e di costringerli a prender parte in uno scontro sistemico, geopolitico ed economico che non riguarda loro. A maggior ragione oggi che sono immersi nelle rispettive visioni di lungo termine per scardinare le loro economie dalla dipendenza dal petrolio. La cooperazione energetica e commerciale con la Cina è fondamentale.
Conclusione
La visita di Xi dimostra che l’Arabia Saudita, e gli altri paesi del Golfo e Medio Oriente, hanno un’alternativa all’Occidente. In tutti i settori, peraltro, anche in materia di armamenti dove Pechino già offre alternative in sistemi d’arma avanzati a prezzi competitivi.
Alternativa non esclusiva. Come infatti ha affermato il principe Faisal, ministro degli Esteri saudita “non crediamo nella polarizzazione o nella scelta tra un partner e l’altro… L’economia del Regno sta crescendo rapidamente e abbiamo bisogno di tutti i partner“. Gli arabi, dunque, si sentono liberi di espandere il proprio portfolio di cooperazione con tutti gli attori mondiali con cui ritengono di avere interessi reciproci, dai cinesi ai russi agli occidentali. In tal guisa, intendono cogliere le migliori opportunità che entrambi i mondi – East and West – offrono, ma sono anche consapevoli dei grandi cambiamenti a cui stiamo assistendo, dove il perno dell’economia globale scivola inesorabilmente ad Est.
A questo futuro, il mondo arabo si deve preparare per giocare un ruolo da protagonisti. E l’ambizione c’è, come dimostra il desiderio espresso del principe ereditario saudita Bin Salman di vedere il Medio Oriente come la ‘Nuova Europa’.
Fonte: Marocina.com
