di Franco Giovi
Se esaminassimo le tante conferenze del Dottore nei campi delle scienze e della tecnologia, oltre la variabilità di tono, presumibilmente orientata sulle caratteristiche dei gruppi d’ascolto, osserveremmo anche quello che non c’è, ossia la critica personale o il ripudio per le scoperte più avanzate. Anzi: è piuttosto famoso il divertito racconto delle ottuse posizioni conservatrici espresse dagli spiriti scientifici dell’epoca davanti alla tremenda novità del treno.
Testimoni raccontano inoltre di come Steiner, osservando l’ingegnosa fattura della chiusura lampo, mormorasse: «Questa doveva inventarla uno di noi».
Ricostruire in cemento a vista il secondo Goetheanum fu un’audacia stilistica a quei tempi impensabile. Eccetera. Questo per ricordare quello che tutti sanno.
Mi ricordo (male) che circa 50 anni fa, a casa di un antroposofo, ascoltai una conferenza terribile, nella quale il Dottore profetizzava un futuro con incarnazioni difficilissime in corpi innaturalmente sintetici o prefabbricati. Constatava il fatto ed evidenziava semplicemente le gravi difficoltà karmiche per l’uomo (noi) in quel futuro.
Constatava, e non biasimava. Per contro ha sempre stigmatizzato la scarsa coscienza e conoscenza (degli ascoltatori) circa le forze e i contenuti di pensiero attivi nel presente.
E con ciò arrivo dove volevo. Lo spiritualismo e la percezione sovrasensibile sono, come il diavolo e l’acqua santa, del tutto dissimili: sia nella visione delle cose sia nell’atteggiamento dell’anima.
Rimanere spiritualisti è come galleggiare tra le bollicine di una tiepida Jacuzzi, beninteso spalmando di inappellabili critiche e lamentazioni il ‘mondo crudel’ che stride e rumoreggia tra crisi e convulsioni… fuori dalla vasca.
Mentre, se non mi sbaglio troppo, l’Iniziato Solare spronava a percepire e pensare quel mondo, ad affrontarlo e dominarlo con tutte le forze della coscienza individualizzata. Questo è un eroismo necessario. Si dice: la tecnologia è neutra, non è né bene né male… e così via.
Ma allora ditemi, come mai gli incontri con il progresso tecnologico si traducono sempre in partite nelle quali l’uomo perde qualcosa?
In un mondo, ritessuto in basso da forze plutoniche, servono uomini rinnovati in alto dalla forza dell’Io-Logos più che sciacquette che invocano lo Spirito perché troppo delicate per incarnarlo, lo Spirito, mentre la filosofia e l’erudizione fanno le ancelle gobbe della inarrestabile decadenza del sano uomo naturale che si estingue come il bisonte americano.
La sopra-natura è l’unica salvezza possibile ed il suo più immediato veicolo è il pensiero coraggioso: il pensiero pensante che trae da sé la forza di non frantumarsi nel fatto o pensato. Per l’appunto Scaligero scrive: «Il pensiero che turba è prezioso per l’asceta». Domando: «Cosa significa?». È il pensiero che esige essere contemplato con maggior presenza di sé, che chiede la forza sconosciuta per essere pensato alla radice, oltre il pallido e transitorio limite dell’anima personale: il pensiero che, tormentando l’anima, anela alla liberazione.
È ingenuo sperare che nel prossimo divenire l’etica e il buon senso limitino o persino invertano il disumano ‘progresso’ bio-tecnologico: è il Vajont mondiale a cui leggi e religioni si stanno adeguando, anche tradendo brutalmente l’ideale e il sacro da cui trassero vita, per non venir spazzate come Longarone, Erto ecc.
Per non diventare carne d’esperimento è l’uomo (il singolo uomo) che deve trasformarsi. Come? Realizzando l’essere spirituale che in effetti egli è, e che assurdamente finge di non essere. Solo allora cessa, lui cosmico, l’eterna differenza di potenziale che lo relega come insignificante prodotto, ai margini della Creazione.
