di Alexander Dugin
Abbiamo visto che formalmente, dal punto di vista della teoria delle relazioni internazionali, si parla di un confronto tra due tipi di ordine: unipolare (l’Occidente) e multipolare (la Russia e i suoi alleati cauti e spesso esitanti). Un’analisi più ravvicinata rivela che l’unipolarismo è il trionfo della nuova democrazia e quindi del caos, mentre il multipolarismo basato sul principio delle civiltà sovrane, seppur un ordine, non rivela nulla sull’essenza dell’ordine proposto. Inoltre, la classica nozione di sovranità, intesa dalla scuola realista delle relazioni internazionali, presuppone il caos tra Stati, che mina il fondamento filosofico se consideriamo il confronto con l’unipolarismo e il globalismo come lotta proprio per l’ordine e contro il caos.
Naturalmente, ad una prima approssimazione, la Russia non si aspetta altro che il riconoscimento della sua sovranità come Stato-nazione e la tutela dei suoi interessi nazionali, e il fatto che ha dovuto affrontare il caos moderato dell’istituzione del globalismo per farlo è stata una specie di sorpresa a Mosca, che ha iniziato la Special Military Operation con obiettivi molto più concreti e pragmatici. L’intento della leadership russa era solo quello di contrastare il realismo nelle relazioni internazionali con il liberalismo, e la leadership russa non si aspettava o nemmeno sospettava un serio confronto con l’istituzione del caos – soprattutto nel suo aggravarsi forma votata. Eppure, ci troviamo proprio in questa situazione. La Russia è in guerra con il caos in tutti i sensi di questo fenomeno plurisfaccettato, il che significa che l’intera lotta assume una natura metafisica. Se vogliamo vincere, dobbiamo sconfiggere il caos, e questo significa anche che fin dall’inizio ci posizioniamo come l’antitesi del caos, cioè come l’inizio che lo si oppone.
È un buon momento per rivedere le definizioni fondamentali del caos.
