di Roberto Siconolfi
Esistono due modi di concepire il pensiero e l’attività pensante.
Il primo è “orizzontale”, ovvero la continua ricerca negli eventi di cause “tangibili” che hanno provocato tali eventi. Ricerca di cause talvolta anche fittizie, immaginate, secondo quella mentalità sin troppo in voga oggi e dovuta all’abuso di informazioni “alternative” al mainstream.
Ma vi è anche un pensiero “verticale”, che si orienta sulle origini prime dei fenomeni, e che hanno la loro sede ultima nel mondo metafisico.
Ed è grazie all’attività di questo mondo che si produce la molteplicità di effetti riscontrabili in economia, politica, società, ecc.
L’attività del pensare va dunque prevalentemente orientata all’indagare e all’intuire quelle che sono tali cause originarie, e in una fase ulteriore a percepire e padroneggiare la forza-pensiero stessa.
Da queste cause e forze originarie derivano tutti i fenomeni successivamente visti sulla base dei processi logici e di causa-effetto.
Ed è questa anche l’attività vera del filosofo, diversamente dalla figura che si è affermata con l’avvento della modernità e ancor di più negli ultimi anni, e cioè quella dell’esperto di filosofia – filosofia di “altri” –, del professore di filosofia – sempre di altri.
