di Sartori Andrea
Il 16 ottobre 1906 nasceva Dino Buzzati. Uno degli autori più innovativi e visionari del Novecento italiano. Assieme a Tommaso Landolfi (altro autore troppo dimenticato) può essere considerato il nostro Poe o il nostro Lovecraft, capofila di quel filone fantastico troppo spesso ignorato in Italia, e anche il nostro Kafka. Ma Buzzati era uno che guardava davvero avanti: comprese le potenzialità letterarie del fumetto, unico in Italia assieme a Hugo Pratt, e inventò pure quella forma narrativa che oggi va tanto forte e si chiama graphic novel col “Poema a fumetti”. Pur essendo comunque un autore conosciuto (dai suoi libri furono tratti film come “il deserto dei Tartari” e recentemente “La famosa invasione degli orsi in Sicilia”) non è portato su un palmo di mano come altri.
Motivo?
Non aveva la tessera giusta. Nemmeno Guareschi l’aveva, ma Guareschi aveva dalla sua l’essere molto “nazional-popolare” e quindi batté i critici trinariciuti con la popolarità. Buzzati restava più nicchia. Il fantastico poi è sempre stato guardato con sospetto dai crociano-marxisti italioti (figuviamoci il fumetto. Ovvove signova mia)
Anche Calvino era “fantastico” e a parer mio sta molto al di sotto di Buzzati. Ma Calvino aveva la tessera. Buzzati si autodefiniva così: “E non nego che, sotto certi punti di vista, io, privatamente, possa essere anche considerato reazionario: in molte cose io sono attaccato alle vecchie cose, alla tradizione, piuttosto che alle cose del domani. Né sono uno che smania perché da domani mattina si scateni la rivoluzione per le strade, no, questo no”. Anche Pasolini era un “reazionario” ma la sua fama postuma sta nell’essersi comunque collocato in area marxista. E come scrittore Buzzati è decisamente sopra Pasolini.
Gramsci con la sua fottuta egemonia culturale ha fatto più danni della grandine.
