di Roberto Siconolfi
Se abbiamo visto nel corso degli ultimi 20-30 anni l’affermazione del “partito personale”, e con particolare riferimento alla compagine creata e guidata da Silvio Berlusconi, ora siamo andati oltre.
Questa è l’epoca del “partito dei social”, ovvero l’aggiunta al modello del partito personale della dimensione dei social network. Dimensione sconosciuta ai più, in quanto i nuovi media si muovono su basi poco conosciute.
Il partito dei social è guidato non più da segretari e presidenti, bensì da “guru”, perché la dimensione dei nuovi media è una dimensione magica applicata alla tecnologia.
Allo stesso modo il partito dei social non è fatto da militanti ma dai followers, che significa appunto “i seguaci”, come nelle migliori configurazioni sempre di stampo magico-spirituale (la setta).
I partiti dei social sono forme notevolmente fluide, i loro consensi sono più che altro delle “bolle”, iperamplificate proprio dal meccanismo di funzionamento stesso dei media – vedere le aspettative di voto che i militanti di questi partiti e i loro leaders hanno, ma che sistematicamente vengono disattese.
I loro consensi sono bolle appunto, pronte a gonfiarsi e a sgonfiarsi, e nel giro di tempi piuttosto brevi.
Un’altra delle caratteristiche che connatura queste forme di populismo mediatico-postmoderno è quella che Michel Maffesoli definirebbe come “la politica del bel canto”.
Si ascoltano e si leggono analisi molte delle volte ipersoggettive della realtà (vedere wishful thinking, iperstizione ed iper-realtà), che solleticano i desideri, in una specie di estasi collettiva formata dagli umori del momento e poco attinente ai fatti.
Passata la sbornia, l’ubriacatura umorale, “scesa la capata” si direbbe a Napoli, si è capaci di dire esattamente il contrario e di gettare valanghe di letame addosso a colui che era stato esaltato poco tempo prima, secondo dei meccanismi molto ben studiati dalla psicologia per i quali l’idolo viene demonizzato.
Non è un caso che i capi di tutti questi partiti siano giornalisti e influencer vari, che acquisiscono il loro successo sulla rete, per poi tentare di trasferirlo alla realtà.
Realtà, la quale, non sempre funziona con le stesse leggi, anzi quasi mai.
E questo a sottolineare che innanzitutto l’utilizzo delle forze tecnologiche presuppone una grande consapevolezza di esse e della loro natura (vedere tecnologia-mediatica e amplificazione dell’Ego), oltre che di se stessi.
E che poi, molto probabilmente, sono altre le caratteristiche in grado di costruire modelli politici che siano genuini, virtuosi, realistici, e per davvero alternativi al cosiddetto sistema.
P.S.: il post è analitico e non intende giudicare come giusto o sbagliato tutto ciò, o buoni o cattivi coloro che guidano e che militano nei partiti a cui si allude.
