a cura di Karima Angiolina Campanelli
Non solo i Pellerossa. Un altro genocidio degli americani di cui nessuno sa niente, quello dell’etnia Moro, culminato con il massacro di Bud Dajo……I Moro sono l’etnia non cristiana più numerosa nelle Filippine. Devono il loro nome al termine con cui storicamente i non islamici definivano alcuni gruppi di musulmani. Stanziati principalmente nel sud del Paese furono da sempre una spina nel fianco per tutti coloro che cercarono di assoggettarli.
Dagli spagnoli ai giapponesi, passando per gli americani, contro cui i Moro, come altri abitanti delle filippe, dal 1899 al 1913 combatterono una lunga e durissima guerra ad intermittenza. Causa del conflitto l’annullamento di una clausola del trattato di Bates sottoscritto tra gli Stati Uniti e il Sultanato Moro, che prevedeva vasta autonomia nel rispetto dei reciproci accordi….Durante la guerra filippino-americana gli Stati Uniti hanno commesso dei crimini inimmaginabili.
Il più famoso è probabilmente l’ordine dato dal Generale Jacob H. Smith:
“Non voglio prigionieri. Uccidete e bruciate tutti. Più ne ucciderete e brucerete più renderete felice. Voglio che ammazziate chiunque sia in grado di usare un’arma contro gli Stati Uniti”
Il territorio dei Moro fu ridotto ad una provincia direttamente dipendente dalle autorità coloniali e come conseguenza scoppiarono frequenti proteste e autentiche rivolte.
Il governo americano reagì inviando il generale Leonard Wood, già governatore a Cuba, per risolvere una volta per tutte la questione dei Moro. Il suo etnocentrismo e la propensione a non cercare il confronto lo condussero a schiantarsi contro una cultura secolare che non voleva affatto farsi cancellare.
Wood nei tre anni di governatorato pensò di piegare i ribelli abolendo completamente il trattato di Bates e silenziando le autorità locali, mentre lanciava diverse importanti campagne militari.
Al termine di una di queste avvenne proprio il massacro di Bud Dajo. Bud Dajo è il sito più alto della provincia, un grande cono di cenere appartenente al complesso vulcanico di Jolo. Qui secondo una leggenda dei Moro, gli spiriti avrebbero sostenuto i guerrieri nei momenti di difficoltà. Ben forniti di provviste circa novecento Moro che non avevano accettato la resa siglata da alcuni capi, si trasferirono sulla cima, con donne e bambini al seguito. La zona, accessibile solo da stretti sentieri, era facilmente difendibile, ma chiaramente la superiorità dei mezzi bellici nemici finì per vanificare il vantaggio strategico.
L’artiglieria dei marines martellò per un giorno intero la cima. Poi l’8 marzo 1906 Bud Dajo venne preso. Dei 900 Moro presenti solo 18 sopravvissero al massacro. Wood stesso riferì in patria che tutti erano stati presi a cannonate, mitragliate o finiti sul posto. Compresi donne e bambini. Theodore Roosevelt, il presidente in carica, si complimentò per il successo dell’operazione.
Negli Stati Uniti l’episodio fu raccontato come la battaglia di Bud Dajo, tra i Moro passò alla storia come il massacro del cratere… il generale venne congedato dall’esercito, niente di più. Nessuna conseguenza penale. Le stime occidentali calcolano circa 2500 vittime civili, mentre le stime filippine ne contano decine di migliaia.
Si calcola che nel corso dell’insurrezione filippina contro l’occupazione statunitense, le vittime civili della repressione furono almeno 200.000.
