DIVIDE ET IMPERA DELL’OCCIDENTALISMO

di Hanieh Tarkian

Per anni, molti di noi hanno cercato di spiegare e chiarire che il terrorismo dell’Isis e degli altri gruppi terroristici al servizio delle potenze e élite guerrafondaie e mondialiste non avevano niente a che fare con gli insegnamenti originali dell’Islam, il cui insegnamento principale è la lotta per la giustizia contro gli oppressori. Per chi ha capito questo non sarà difficile capire che combattere per gli interessi della Nato non è patriottismo.

I soliti noti sono molto bravi a creare una versione estremista e deviata dall’ideologia originale per ogni tendenza nel mondo, da poter utilizzare a seconda delle situazioni.

Strategia utilizzata negli anni di piombo con le BR, poi al-Qaeda e l’Isis, i “ribelli moderati” e oggi con i gruppi in Ucraina che sono finanziati da quelle élite.

Questa strategia crea molta confusione: alcuni musulmani saranno convinti che nonostante tutto i terroristi abbiano le loro buone ragioni, arrivando addirittura a unirsi ai gruppi terroristici, e dall’altra parte quelli contrari penseranno che tutti i musulmani sono terroristi, i sostenitori del patriottismo e del nazionalismo difenderanno gli ucraini, non capendo le ragioni del conflitto, e dall’altra parte quelli contrari non riusciranno a distinguere tra popolo ucraino e i gruppi estremisti.

In poche parole la classica strategia del divide et impera.

DIVIDE ET IMPERA DELL’OCCIDENTALISMO

MAGGIORANZA UCRAINA?

di Marco Vigna

Il governo ucraino, il medesimo che invoca l’intervento armato della Nato dunque la III guerra mondiale, lo stesso che strilla di star difendendo l’Europa e per il quale l’Italia si sta sacrificando economicamente e politicamente, è davvero espressione della volontà popolare ucraina?

-sono posti fuori legge 3 interi partiti (filorussi);

-sono sospesi nelle attività 11 altri partiti (filorussi);

-le elezioni da anni si tengono in un contesto di guerra civile seguita al colpo di stato con cui il presidente (filorusso) Janukovyč fu abbattuto;

-la classe dirigente del Partito delle Regioni (filorusso), che era il partito di maggioranza relativa in Ucraina sino al colpo di stato, è per la maggior parte fuggita all’estero dopo il golpe per evitare l’arresto ed il carcere;

-sono stati chiusi alcuni media con l’accusa di tradimento (essere filorussi);

Ora si capisce meglio perché l’ex attore comico Zelensky ha avuto una maggioranza del 73% alle elezioni presidenziali? Un tempo si parlava, in riferimento ai paesi del blocco sovietico ed alle loro libere elezioni, di maggioranza bulgara, ma potrebbe essere bene soprannominarla maggioranza ucraina.

MAGGIORANZA UCRAINA?

CUI PRODEST?

di Gilberto Trombetta

A chi giova una guerra contro la Russia? A chi giovano le sanzioni alla Russia? A chi giova l’opposizione alla definitiva nascita di un mondo multi-polare?

Sicuramente non all’Italia.

Abbiamo una classe politica che per l’ennesima volta non solo non si è preoccupata degli interessi nazionali e di quanto previsto dalla Costituzione, ma che ha preso scelte in antitesi con entrambi.

Una classe politica che ancora una volta ha messo gli interessi dei padroni esteri davanti a quelli del proprio Paese.

Andiamo con ordine.

Saltiamo, dandolo per acquisito, il breve ripasso storico sull’espansione a Est della NATO (contro tutte le rassicurazioni fatte nel corso dei decenni) e sulla guerra, in corso dal 2014, in Ucraina (tra rivoluzione colorata e tentativi di pulizia etnica da parte dei neo-nazisti ucraini).

Vale la pena solo ricordare – nonostante i tentativi di rimozione della stampa dominante occidentale – che quello ucraino è un Governo che non si avrebbe avuto problemi a definire, in altre circostanze, filo[neo]nazista. Perché molto semplicemente lo è.

I rapporti istituzionali, ben documentati, con i neo-nazisti vanno ben oltre l’esistenza del Battaglione Azov.

Quello ucraino è un Governo con pesanti affiliazioni/infiltrazioni neo-naziste. In tanti, troppi ambiti.

Ovvio che quello della Russia di de-nazificare l’Ucraina sia un pretesto: l’obiettivo è porre un freno al costante allargamento a Est della NATO che viene da sempre visto come una minaccia mortale per l’esistenza della Russia.

Ma è un pretesto – andrebbe ammesso per onestà intellettuale – comunque più credibile dell’esportazione di democrazia invocata da USA e NATO per giustificare tutte le loro numerose guerre di aggressione (quelle contro cui i “buoni” nostrani non hanno mai detto nulla).

Tutto questo aiuta a comprendere come si è arrivati alla situazione attuale.

Com’era prevedibile, le sanzioni alla Russia stanno colpendo prevalentemente i Paesi che le hanno emesse.

Soprattutto quelli – com’è normale che sia – più esposti con la Russia. Cioè più dipendenti.

Tra questi, al primo posto in tantissimi settori, c’è proprio l’Italia.

Un Paese già fortemente penalizzato da 30 anni di appartenenza alla UE e da 20 anni di euro.

I primi indicatori non lasciano spazio a dubbi di sorta.

In termini congiunturali, il PIL del primo trimestre è stimato in calo del 2,4%. I consumi sono ancora inferiori del 10,2% rispetto allo stesso periodo del 2020, mentre l’inflazione è stimata in aumento del 6,1% nel 2022 (una stima fin troppo ottimistica).

Questo perché gli effetti delle sanzioni alla Russia si innestano in un quadro già problematico per la UE e soprattutto per l’Italia, che dipende enormemente dalle importazioni di materia prime, energetiche e non, dalla Russia (gas, petrolio, grano, mais, fertilizzanti, metalli, ecc.).

Oltre ai danni derivanti dal mancato import di materie dalla Russia (circa 10 miliardi di euro l’ammontare annuo), vanno ovviamente aggiunti quelli del mancato export verso la Russia (circa 15 miliardi di euro).

Per quanto riguarda invece la Russia, sembra resistere piuttosto bene alle sanzioni comminate dall’occidente (prevalentemente dalla UE).

Perché è un paese ricco di materie prime, perché ha un rapporto debito/PIL ridicolo, perché l’ammontare del debito in valuta estera detenuto dagli stranieri è appena l’1.3% del PIL, perché ogni giorno ha flusso di cassa di circa 1 miliardo di dollari per gas e petrolio.

E perché continua a fare affari col resto del mondo. Cioè con quei Paesi (Cina, India, Brasile, Argentina, Messico, Arabia Saudita, ecc.) che rappresentano circa la metà del PIL mondiale e più della metà della popolazione terrestre.

Ecco, questo è uno dei fattori più importanti da prendere in considerazione.

Stiamo combattendo una guerra per procura che ci danneggia e favorisce solamente il decadente impero americano.

L’unico Paese che trae vantaggio da un’escalation con la Russia sono gli USA.

Che non vogliono accettare la nascita di un mondo multi-polare dopo decenni di monopolio a stelle e strisce.

Il nostro interesse nazionale andrebbe difeso ponendosi diplomaticamente come mediatori del conflitto attualmente in corso. Non soffiando sui venti di guerra, non armando un Paese con un Governo filo-[neo]nazista, non aggredendo economicamente e verbalmente quello che per noi è un Paese storicamente amico e un fondamentale partner economico.

E invece, mentre nel mondo ci sono sempre più Paesi che non accettano di essere trattati alla stregua di una colonia americana, in Italia abbiamo al Governo una classe politica di servi e di traditori.

Perché l’alternativa a essere una colonia americana, non è diventare la colonia di qualcun altro, ma smettere finalmente di esserlo.

CUI PRODEST?

L’ENNESIMO VASO DI PANDORA

di Zory Petzova

Con la guerra in Ukraina gli USA hanno aperto l’ennesimo Vaso di Pandora nello scenario mondiale, con la differenza che questa volta la sua collocazione è nell’Europa. Non è escluso che, dagli strateghi oltre l’oceano, l’Ukraina sia stata pensata come il boccone (amaro) da dare alla Germania per poter indebolire e scindere i suoi legami con la Russia. L’asse russo-tedesco storicamente è stato sempre molto temuto da Washington, perché avrebbe garantito l’alleanza economica, militare, politica e culturale più forte al mondo, intorno a cui avrebbero gravitato anche gli altri paesi europei, destinando in questo modo all’isolamento economico gli USA, già isolati geograficamente. Mentre Angela Merkel e Schröder erano irrimediabilmente russofili e fautori di un importante scambio commerciale con la Russia, i nuovi leader tedeschi sono formattati per operare in un altro modo; paradossalmente, come contrappeso agli interessi filo-russi della Germania, alla Commissione europea è stata posta una presidenza tedesca, portatrice di ostilità e umori anti-russi innaturalmente più acuti rispetto a quello che è stato l’atteggiamento dei singoli Stati europei fino a pochi mesi fa.

La Germania sarà il paese maggiormente interessato in lungo termine dall’emigrazione ucraina, e anche se riceverà questo onere in confezione con un premio Nobel per la pace a Zelensky, questo non renderà meno problematici i suoi equilibri sociali. Bisogna anche chiedersi se i tedeschi saranno lusingati da un tale gemellaggio politico, che ha come riferimento un regime ultra nazionalista che per la prima volta dopo 85 anni è riuscito ad adottare una legge razziale che vieta l’uso pubblico della lingua russa e in questo modo dichiara l’etnia russa una specie di “untermenschen” (la legge sulla lingua di Poroshenko del 2019). Saranno pronti i tedeschi a dover turbare una già traumatizzata memoria storica, tollerando discriminazioni e deliri di natura etnica da parte di certi personaggi affigliati come partner? Forse i tedeschi non ricordano, o non sanno, che quella impresa di Zelensky tanto celebrata dai media, cioè di distribuire armi ai comuni cittadini rendendoli il simbolo della resistenza, è stata adottata da Hitler negli ultimi mesi della guerra, quando il fuhrer crea il Volkssturm (milizie popolari), distribuendo allo stesso modo fucili semi-automatici alla popolazione. Ma a differenza di Hitler, che rimane fino alla fine nel suo bunker, Zelensky non ha indugiato troppo a lungo per fuggire al sicuro, forse per non tenere in ansia i parlamenti con cui si sarebbe collegato in streaming. Le forniture di armi e denaro da parte dell’Occidente all’esercito ucraino ricorda molto il sostegno finanziario e logistico da parte delle grandi corporazioni americane (fra cui General motors e IBM) alla Wermacht tedesca, anche se c’è da dire che i nazisti non hanno mai usato la popolazione civile come scudo, come hanno fatto i nazionalisti ucraini, collocando la propria artiglieria in scuole e asili.

Quando parliamo di guerra è molto difficile mantenere una linea di oggettività. Di per sé la guerra è incompatibile con la verità ontologica, in quanto nella sua narrazione si intrecciano tante verità e punti di vista: di chi la pianifica, di chi la combatte, di chi la subisce, di chi la osserva di lato, di chi realizza i propri interessi. In più, esiste anche l’offuscamento della propaganda. Ma l’anomalia che abbiamo vissuto da spettatori in questo caso, al netto degli artefici della propaganda, è quella di non poter più essere sicuri di sapere cosa esattamente stia succedendo in Ukraina. E’ venuta meno la deontologia dell’informazione pubblica e del giornalismo, i quali non solo non si sono mostrati neutri nei confronti degli eventi, ma hanno attinto agli artefatti di una vera e propria industria della disinformazione e dei fake news. Questo nuovo tipo di industria era nato durante la guerra in Siria, ma con quella in Ukraina ha assunto delle misure spaventose, dove i media ricorrono regolarmente ad appositi centri cinematografici con avanzate tecnologie digitali in grado di elaborare scene di guerra, oppure vengono usate immagini di guerre passate o vengono presentate delle stragi compiute dai filo-nazisti come azioni russe, omettendo il fatto che per i russi, cui principale obbiettivo è la liberazione della popolazione filorussa, non avrebbe alcun senso colpire la propria gente. L’esercito russo applica la tattica dell’accerchiamento delle città, creando corridori umanitari per i civili, corridoi che invece i paramilitari neo-nazisti tendono a bloccare, impedendo alla popolazione di fuggire.

Dopo la Seconda Guerra mondiale, tante persone si erano chieste come sia stato possibile che quella stessa Europa, culla dell’illuminismo e dell’umanismo, patria di Kant, Goethe, Hegel, abbia potuto tollerare e permettere tutto questo odio verso gli ebrei. Arendt riesce a spiegare i meccanismi della banalità del male, ma questo non significa poterli prevenire, anzi – la “cancel culture” del politicamente corretto non cerca tanto di rimuovere la memoria storica dell’orrore, che pesa sulla coscienza delle nuove generazioni, quanto di cancellare la critica degli errori storici, affinché si possano commettere di nuovo, sotto nuova veste. Il razzismo verso i cittadini e i simboli russi sarebbe stato impensabile fino a pochi mesi fa. La cosa più umiliante è stata costringere intellettuali ed artisti, russi e non russi, a doversi giustificare di non essere filo-putiniani per poter esprimere una posizione diversa dalla propaganda officiale, o semplicemente per poter lavorare, il che ricorda come il nefasto destino degli ebrei era stato determinato dalla loro impossibilità di provare di non aver alcuna colpa per il fatto di essere ebrei. La censura sulla libertà di espressione supera la questione dell’anti-putinismo; essa è sintomatica di uno spasimo culturale che segna un momento dialettico – quello in cui il liberalismo pluralista passa nel suo esatto contrario, quello del mono-pensiero della dittatura.

Questo spasimo segna anche il passaggio reale verso un nuovo modello di mondo, che più generalmente possiamo definire multipolare, un passaggio che riporterà gli occidentali agli istinti più bassi della lotta alla sopravvivenza. Cosa si prospetta a breve per l’Italia e l’Europa?

Attraverso dichiarazioni non equivocabili da parte dei nostri governanti è stata introdotta “l’etica del sacrificio” dell’individuo al bene supremo della collettività. Questa nuova etica era stata già annunciata con il civismo superlattivo dei comportamenti pandemici, anche se basata su false premesse. Oggi i sacrifici richiesti sono quelli di accettare per un tempo indeterminato un’economia di guerra: scarsità di beni di prima necessità, razionamento, inflazione. L’etica sacrificale viene imposta solo ai ceti comuni e non esclude il sano egoismo di politici e affaristi, i loro previlegi e il loro business ai fini del bene comune, con giustificazioni del tipo che è giusto inviare armi all’Ukraina perché le sanzioni alla Russia non fermano la guerra. Ma c’è un’etica che va oltre la cultura del sacrificio ed è quella della deresponsabilizzazione della coscienza. Quando alle persone viene continuamente ripetuto, dimostrando l’immagine di Zelensky, che potranno essere richiamati come difensori dei “valori occidentali” e del futuro dell’Occidente, e quindi dovrebbero essere pronti a morire nel nome delle velleità di gloria bellica dei propri governanti, in questo modo si rischia di creare anche dalle persone più mansuete dei potenziali assassini.

Per quanto riguarda l’Europa, non è escluso che Ukraina possa essere trasformata in un nuovo Afghanistan, in cui far impantanare la Russia. Questa tra l’altro è l’dea generosa e rassicurante di Hillary Clinton, il che fa capire quanto agli americani freghi del popolo ucraino, che secondo lei dovrà fare da materia prima in un conflitto senza fine. E in caso gli ucraini non siano disposti a sacrificarsi per la Clinton, non è escluso che gli americani ricorressero ai jihadisti, rimasti sfrattati da Siria e Libia, e prima ancora da Cecenia. Secondo un articolo dell’8 luglio 2015 del New York Times, i jihadisti sono utilizzati e ben accetti dalle forze armate ucraine sin dall’inizio della repressione in Donbass, dato che i soldati di origine ucraina non dimostravano una gran voglia di impegnarsi in una guerra civile fra fratelli. Sono notizie di oltre sei anni fa, quindi, a proposito della retorica sulla mitica resistenza ucraina, non siamo neppure sicuri che le forze armate ucraine non siano state da tempo soppiantate da mercenari stranieri. E sarebbe anche tardi per dare la colpa della presenza jihadista a Putin. Chi poi può assicurarci che i jihadisti, invece di combattere i russi, non si facciano la loro piccola autonomia territoriale nel cuore dell’Europa? Forse finirà che gli europei dovranno rivolgersi proprio al militarismo russo/ceceno per farsi proteggere. E non solo dai jihadisti.

Affinché questa guerra possa avviarsi alla sua conclusione, bisogna che venga creata simultaneamente una crisi caraibica, simile a quella del ’62, cioè portare un po’ di sana minaccia militare, con le buone maniere, a pochi kilometri da Washington. Alla fine, gli imperi invadenti vanno affrontati con i loro stessi metodi e mezzi.

L’ENNESIMO VASO DI PANDORA

RUSSIA: UN TAGLIO NETTO CON IL MONDO OCCIDENTALE

di Luciano Lago

Il conflitto scatenato in Ucraina rappresenta un punto di svolta radicale negli equilibri e nella ripartizione dell’ordine internazionale e come tale, possiamo scommettere, sarà ricordato dagli storici.
Secondo alcuni analisti, l’Ucraina è oggi la sede della prima guerra ibrida mondiale condotta indirettamente/ dagli USA contro la Russia — la cui massa critica è condensata a Kiev — ma la cui matrice è a Washington che ha istigato il conflitto e che ha messo in campo una serie di misure soffocanti, classificate come «sanzioni catastrofiche», per strangolare la Russia.
Misure queste che, nel loro insieme, hanno permesso agli USA/NATO/Unione Europea di gestire “più guerre in una”: guerra di disinformazione, culturale, ideologica, di civiltà, demografica, cibernetica, manichea, radioattiva, biologica, orwelliana, neo-maccartista, di censura, commerciale, finanziaria, economica, ecc., ecc.
La Russia di Putin è vista ormai come l’antagonista dell’ordine occidentale liberal globalista e come tale deve essere fronteggiata e neutralizzata prima che diventi un pericolo mortale per la vecchia potenza egemone, gli Stati Uniti.

Non tutti pensavano che Putin fosse un personaggio dotato di carisma e determinazione, in grado di sfidare l’ordine neoliberista globale non soltanto sul piano geopolitico ma anche da un punto di vista ideologico , come portatore di una visione “radical-tradizionale”. In precedenza Putin era stato considerato uno statista pragmatico che, nell’intento di risollevare il suo paese, cercava costantemente di trovare un modus vivendi con il mondo occidentale.
Tuttavia, la sua posizione è cambiata dopo il 2014, con l’annessione della Crimea. Se si guarda alle sue ultime conferenze o commenti, alcuni spiegavano sostanzialmente la visione del regime putiniano descrivendo questa come una forma autocratica e conservatrice di “cesarismo”.
Non si è tenuto conto delle contraddizioni esistenti all’interno della società russa con la presenza di una fazione filo occidentale contrapposta ad una fazione, maggioritaria, conservatrice e nazionalista.
Il vero conflitto si spiega in questo modo, tra questi due gruppi all’interno della società e dell’élite russa, . Questo significa che la composizione ideologica dell’élite dominante in Russia presenta ancora un doppio aspetto : si ritiene che nelle elite russe ci siano liberali di impronta filo occidentale, cosmopolita che credono nella comunità globale, nel libero mercato, mentre esiste contrapposto un campo conservatore, legato alla tradizione spirituale e culturale della Storia Russa e che è deciso nello sfidare l’ordine liberale globale.
La componente liberale all’interno della società russa ha avuto la sua influenza su alcune delle scelte fatte dalla stessa compagine di governo, in campo economico, finanziario e sociale, sulla base degli standard consolidati della fiducia nel mercato. Una visione conforme alla libera competizione degli individui, tipica delle società occidentali, nella credenza nelle disuguaglianze, apertura agli asset finanziari, ecc.. Tuttavia dall’altra parte era presente nella società russa anche l’esistenza di argomenti a favore di una società tradizionale, influenzati anche dalla Chiesa del Patriarcato ortodosso.

Con la guerra in Ucraina è arrivato il punto definitivo di svolta.
La Russia, sottoposta alla pressione di sanzioni paralizzanti, si è isolata dall’Occidente e coloro che fanno il doppio gioco sono costretti ad uscire allo scoperto e vengono classificati come nemici.
In questo possiamo certamente affermare che gli Stati Uniti e l’Europa stanno facendo un enorme favore a Putin, visto che le sanzioni radicali gli danno l’opportunità di tagliare radicalmente la Russia dalla sua associazione economica con l’Occidente, senza subire le conseguenze politiche se questo fosse avvenuto per una propria iniziativa.
La Russia sotto attacco è un ottimo schermo per procedere ad un completo riassetto della società russa verso un ordine nazionale ispirato ad un sistema tradizionale e sociale antagonista di quello liberal occidentale. Una occasione storica.
Grazie alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti, Putin potrà ora neutralizzare definitivamente la classe degli oligarchi russi legati ad interessi esterni, considerati una spina nel fianco dalla fazione tradizionalista.

Le sanzioni hanno anche ridimensionato politicamente quella parte della classe media russa che era economicamente più legata alle imprese transnazionali, ai beni, ai servizi e alle culture occidentali. Questi dovranno rivedere il proprio tenore di vita in senso più russo e meno occidentalizzato.

Il Blocco Russia &Cina

Russia e Cina hanno costituito di fatto un blocco antagonista e sono le capofila di un nuovo ordine mondiale visto che entrambe le potenze condividono alcune visioni che si possono dettagliare: “hanno sfidato l’ordine internazionale, sostenendosi a vicenda dando sostegno diplomatico reciproco per affrontare i loro problemi come quello dell’ Ucraina e di Taiwan”; condividono una «identità nazionale con la quale si definiscono in opposizione all’Occidente» e, cosa forse più importante, «convengono che l’ordine geopolitico dell’Oriente deve essere opposto all’Occidente, fatto che ha avvicinato notevolmente le relazioni bilaterali» Esistono molteplici ragioni che inducono ad affermare che l’alleanza russo-cinese sarà duratura.

In primo luogo, si sentono “orgogliosi dell’era socialista”. Secondo, sottolineano “le loro differenze storiche con l’Occidente”, poiché le due nazioni furono vittime dei vari imperialismi. Entrambi i paesi rifiutano il modello economico liberal entrato in crisi nel 2008, che “considerano inferiore ai propri modelli”. Da ultimo Russia e Cina costruiscono le loro relazioni come un modo per affrontare le attuali minacce esterne e sono dalla stessa parte nelle principali controversie globali. Non è casuale che si svolgono campagne ufficiali in entrambi i paesi per promuovere l’identità nazionale”.
Se i due paesi consolideranno la loro alleanza, come tutto lascia prevedere, allora sarà l’Occidente a dover venire a patti con il suo nemico e l’Ordine Internazionale riceverà una impronta ben diversa dal sistema unilaterale dominato dagli Stati Uniti e da loro alleati e vassalli.

Liberamente tratto da: Controinformazione.info

RUSSIA: UN TAGLIO NETTO CON IL MONDO OCCIDENTALE

QUALE DIO?

di Giuseppe Merlino

Vincerà il Dio Denaro o il Dio della guerra ? Nel primo caso si realizzerebbe il disegno perseguito ormai da anni dalle oscure potenze che dominano l’Occidente : far crollare la Santa Russia e inserirla nel Nuovo Ordine Mondiale, che, con la costante manipolazione delle menti, ha realizzato il capovolgimento di tutti i valori morali e intellettuali che duravano da cinquemila anni di civiltà umana. Questa manipolazione si era già insinuata nel popolo russo, soprattutto fra i giovani, per cui il crollo della Santa Russia potrebbe essere uno scenario probabile. Rifornendo l’Ucraina di armi micidiali, la guerra potrebbe durare molto a lungo e ciò potrebbe logorare la stabilità della Russia e, elemento non secondario, le terribili sanzioni economiche inflitte a quel paese potrebbero dare la spallata finale. E se invece vincesse il Dio della guerra ? Non si tratterebbe di una vittoria. La Russia non potrebbe mai controllare un paese immenso come l’Ucraina e poi dovrebbe sostenere una continua guerriglia. L’unica vittoria possibile sarebbe costringere una Ucraina stremata ad un trattato di pace nel quale si riconoscesse l’indipendenza delle due repubbliche russofone del Dombass e l’annessione alla Russia della Crimea, abitata per il 95% da russi, annessione che ormai di fatto dura dal 2014. Cosa non secondaria l’Ucraina dovrebbe inserire nella sua Costituzione il vincolo della neutralità perpetua, il che le impedirebbe di aderire alla NATO. [G.M.]

QUALE DIO?

L’Esicasmo

di Luca Zolli

L’iniziazione si realizza in una sorta di patto che lega il discepolo al Maestro.

“Rimanete in Me ed io in voi. Perché senza di me non potete far nulla”.

L’iniziazione ai Misteri, nel Cristianesimo ortodosso, ha un fondamento preciso: la Cena dei Misteri, appunto.

Pochi, forse pochissimi, hanno notato o sanno del significato profondo che riveste durante il Santo e Grande Giovedì della Settimana Santa, nella Chiesa Ortodossa, la Prima Lettura del Vangelo della Santa Passione, che è Gv 13,31-18,1. Ebbene, questo Vangelo è conosciuto anche come il Vangelo dell’Alleanza.

Si sa perché ?

Eccone il motivo:

L’Atto Divino agisce attraverso la Grazia – ovviamente Increata – purificante, illuminante e deificante. Queste azioni sono tutte riconducibili allo Spirito Santo, ma sono anche distinte e determinano dei gradi nella realizzazione.

Lo stadio di purificazione è detto katharsis ed è il padre spirituale che conduceva, anticamente, il catecumeno al Battesimo attraverso questo stato all’apertura dell’occhio del cuore. Per fare questo, il padre spirituale doveva trovarsi in uno stato di – almeno – illuminazione effettiva.

Questa illuminazione nei catecumeni è accompagnata da “fotismi” e “bagliori”. Nel suo stadio inferiore, tale stato è indicato come neophotismos, neo-illuminazione e non è accompagnato dalla preghiera intellettiva o del cuore.

In questo stadio di neo-illuminati, dopo il Battesimo, su di loro continuava l’istruzione ascetica da parte del padre spirituale, fin quando non sorgevano le condizioni – che il padre spirituale doveva riconoscere, possedendole già lui stesso – per la pienezza dell’illuminazione. A questo punto, il neo-illuminato veniva portato nel tempio e unto col santo Myron per ricevere l’illuminazione. Così è raggiunta la condizione di pienezza dell’illuminazione, cioè quella di photismos e l’iniziato entra nello stato della preghiera intellettiva.

A questo stadio segue quello dei “lampi” e del “fulgore” (ellampsis). I fulgori durano da un secondo ad alcuni minuti. Il padre spirituale in grado di riconoscerne l’autenticità deve trovarsi in uno stato spirituale molto elevato. Gli ellamphthentes ricevevano l’istruzione catechetica che caratterizza il tempo che separa la Pasqua dalla Pentecoste: quei 50 giorni. Tale tipo di insegnamento era in grado di elevare, chi ne fosse stato capace, alla visione (théa) della Luce increata. Chi aveva accesso alla visione veniva indicato come theothentes. Oltre questo stadio vi è quello della visione continua, che corona i tre stadi della deificazione.

Anticamente, chi non arrivava a realizzare queste tappe era, secondo i Padri, caduto nella rete dell’immobilismo spirituale.

Ora, oggi moltissimi monaci con i quali ho parlato sostengono che loro che lottano dalla mattina alla sera per entrarvi non riescono neppure a fissarsi nello stato di katharsis …

Tra i medesimi, però, vi sono quelli che riconoscono che nell’Esicasmo tali condizioni si continuano a realizzare e che i veri Esicasti sono il loro punto di riferimento, che in taluni sono effettivi in altri, purtroppo, possono essere solo virtuali.

Detto questo, per chi volesse qualche altro dettaglio facilmente accessibile, invito a leggere da pag.110 a pag.115 di Chi è Dio? Chi è l’uomo ? Lezioni di teologia sperimentale, Trieste, 2010 di Giovanni Romanidis . Riportare tutte e cinque le pagine e sviluppare tutti i luoghi della tradizione patristica, ascetica, eremitica o monastica alla quale si ricollegano o rimandano non è pensabile.

Riporto, però e concludo, alla lettera un passaggio che si trova a pag. 114:

“[…] Se volete verificare tali stadi spirituali, vi prego di leggere i capitoli dal 14 al 17 del Vangelo di Giovanni . Essi sono chiarissimamente presenti lì dentro e questa è la ragione per cui leggiamo quei capitoli in chiesa il Grande Giovedì […] ” .

L’Esicasmo

ANIME GEMELLE

di Elide Shiva

“Gli esercizi energetici di natura intima o sessuale provocano molto spesso la retrocessione spirituale delle Personalità che li praticano. Per esercizi energetici di natura intima e sessuale intendiamo una vasta gamma di pratiche che spazia dal tantra, ai trattamenti energetici, ai massaggi e tutto ciò che prevede esercizi di natura intima che non siano intrapresi da due Anime Gemelle.

Esiste un numero molto ampio di motivi per cui questo genere di pratiche è profondamente sbagliato. Il primo riguarda la strumentalizzazione di un’atto sacro quale è l’unione di una donna e di un uomo che si amano. Il fine dell’Amore romantico è la ricongiunzione tra le Anime Gemelle; esso è in grado di aprire tutti i chakra e spodestare la Personalità facendo posto all’Anima, che nella relazione si esprime tramite romanticismo, gentilezza, dolcezza, amore infinito e incondizionato. È la Personalità che cerca di ottenere vantaggi tramite la strumentalizzazione del sesso, non l’Anima. Quasi sempre questo genere di rituali sono un pretesto per soddisfare la propria lussuria, anziché domarla ed estirparla. In questi contesti si creano terribili contaminazioni auriche e connessioni astrali, che portano inevitabilmente alla retrocessione dei praticanti. Queste pratiche provocano deformazioni astrali e attirano entità astrali orribilmente impure, che sottilmente prendono parte agli esercizi”
(Tratto dal Manuale di Nomofisia, disponibile gratuitamente su www.nomofisia.org).

ANIME GEMELLE

LA PARUSIA DEL SALVATORE

di Hanieh Tarkian

“L’attesa della Parusia del Salvatore dev’essere un’attesa attiva. Cosa significa attesa attiva? Significa che la liberazione dall’ingiustizia e dall’oppressione di questo mondo non avverrà in modo miracoloso con l’avvento del Salvatore, è sbagliato pensare che tutto si aggiusterà miracolosamente con la sua Parusia, senza alcuno sforzo da parte degli esseri umani. Egli sarà sostenuto e appoggiato da coloro che si saranno già allenati e tenuti pronti per la sua venuta, coltivando in sé la pietas, quel timore reverenziale nei confronti della divinità che permette all’individuo di controllarsi e autogestirsi preparandolo all’obbedienza, in realtà, prima ancora che gli venga ordinato, lui sa già cosa gli verrà chiesto. Pertanto quando avverrà la Parusia, lui sarà potenzialmente pronto.

La pietas può essere coltivata attraverso la disciplina e l’edificazione di sé, ma dev’essere anche accompagnata dalla militanza nella società, a livello spirituale, culturale, politico ed economico, in breve in qualsiasi dimensione della vita umana. Proprio come uno Stato deve aspirare all’indipendenza dalle ingerenze straniere e all’autosufficienza, l’individuo deve anelare all’autosufficienza nella virtù, ossia essere riuscito a edificare se stesso in modo talmente completo da sapere che dovrà appoggiare e sostenere il suo Comandante nello stabilire la giustizia e la virtù nel mondo, e ciò significa che dovrà essere già un individuo giusto e virtuoso. Esattamente come l’efficienza di uno Stato deve manifestarsi in tutti i campi ed essere omnicomprensivo, così la virtù e la pietas della persona che attende con impazienza la Parusia del Salvatore devono essere omnicomprensive e abbracciare tutte le dimensioni della sua vita.

L’onnicomprensività nella virtù corrisponde al diventare manifestazione degli attributi e dei nomi divini, quindi all’intraprendere con successo quel percorso di realizzazione esistenziale che porta l’individuo alla prossimità divina, quel sentiero che porta dalla pluralità all’unicità”.

LA PARUSIA DEL SALVATORE

IL TRADIZIONALISMO RIVOLUZIONARIO

di Said Amir Arjomand

“Il parallelo più illuminante è tra il Tradizionalismo rivoluzionario sciita e le Guardie di Ferro rumene, la Legione dell’Arcangelo Michele. Entrambi i movimenti sono caratterizzati da culti straordinari di sofferenza, sacrificio e martirio. I sacerdoti ebbero un ruolo prominente nel movimento legionario, fianco a fianco con gli studenti dell’università. Gli incontri legionari erano invariabilmente preceduti dai riti della Chiesa e le loro manifestazioni erano solitamente guidate da sacerdoti che trasportavano icone e bandiere religiose. Il Cristianesimo integrale dei Legionari li differenziò dai nazisti e dai fascisti italiani. Questo loro lo sapevano. Come ha spiegato uno dei loro principali intellettuali [Codreanu], “il Fascismo adora lo stato, il Nazismo la razza e la nazione. Il nostro movimento si sforza non solo di compiere il destino del popolo rumeno, ma vogliamo compierlo lungo la Via della Salvezza.” L’obiettivo ultimo della nazione, come Codreanu e altri hanno sottolineato, era la “Risurrezione in Cristo”.